
Il 2024 sarà un anno importante per il mondo dello sport, perché si tratta dell’anno olimpico. Proprio per questo è interessante, quanto importante, l’aggiunta dell’ex campionessa italiana e argento mondiale di Cross Country, Nadia De Negri, nello staff del ct della Nazionale, Mirko Celestino.
La 52enne veneta porta con sé una carriera piena di successi e risultati di rilievo, oltre che una passione snodata per la MTB, che ha inizio con l’arrivo della disciplina in Italia, negli anni ’90.
«Io non nasco come biker, in quanto in gioventù ho iniziato ad approcciarmi allo sport facendo atletica leggera. Correvo soprattutto la specialità della marcia, nella quale ho anche ottenuto discreti risultati, vincendo anche cinque titoli italiani di categoria. Però a inizio anni novanta sono arrivate in Italia le prime mountain bike e io mi sono subito appassionata a questa nuova disciplina. A vent’anni, quindi, ho deciso di cambiare e di provare a correre con queste nuove biciclette con le ruote grosse».
Ha capito fin da subito che quello poteva essere il suo futuro?
«In realtà no. Ho smesso con l’atletica anche per via di alcuni problemi fisici e ho iniziato a pedalare più per curiosità, che per altro. Mi affascinava molto questo nuovo sport che mi permetteva stare nella natura e pedalare nei boschi, mentre facevo attività fisica. Con il passare degli anni ho visto che ero anche brava, quindi prima ho iniziato facendo le gare locali, per poi passare nel 1995 alla Bianchi-Martini Racing, squadra di Felice Gimondi».

Da quel momento lì la sua vita è cambiata?
«Sì. Ho lasciato il lavoro che facevo e mi sono dedicata anima e corpo alla MTB. Diciamo che la scelta è stata vincente, perché i miei risultati li ho raccolti e le mie soddisfazioni me le sono tolte».
Storica è la rivalità tra lei e Paola Pezzo, che ha avuto il suo culmine ai Mondiali di Cross Country del 1997, dove arrivate prima e seconda.
«Assolutamente. Ce le siamo date di santa ragione per anni, anche se alla fine lei vinceva sempre (scherza la nativa di Vittoria Veneto, ndr). Però anche io ho raggiunto grandi traguardi. Ho conquistato il campionato italiano nel 1997, l’argento mondiale in Svizzera, ma anche il 2° posto all’europeo l’anno prima. Quella è stata probabilmente la gara più emozionante perché l’ho corsa a Bassano del Grappa, praticamente in casa, e c’era tutta la mia famiglia a vedermi».
Ora però inizia una nuova fase della sua storia d’amore con la MTB?
«Sì. Da poco sono diventata collaboratrice tecnica del ct della Nazionale di MTB italiana, Mirko Celestino. Lavoro a suo fianco per la crescita dei nostri ragazzi. Proprio in questi giorni abbiamo concluso un ritiro di dieci giorni con i ragazzi, cinque uomini e quattro donne, che stanno cercando di guadagnarsi il pass alle prossime Olimpiadi di Parigi 2024. Mentre a breve ne faremo uno con gli juniores».

Qual è stato il primo approccio con questo ruolo?
«Quando si entra in un gruppo e si inizia un nuovo percorso, lo si fa in punta di piedi e cercando d’imparare, ancora prima che di insegnare. Ovviamente porto dietro un bagaglio importante d’esperienza che voglio mettere a disposizione del gruppo e dei ragazzi».
In chiave olimpica come vede il gruppo dei ragazzi che ha seguito?
«In questi giorni ho avuto la prima occasione di conoscerli di persona. Sono tutte splendide persone e vederli così determinati e impegnati nel raggiungere un obiettivo mi fa tornare in mente il passato. Sicuramente qualificarsi per le Olimpiadi quest’anno non sarà facile. Non lo è mai, ma in questa edizione a maggior ragione perché hanno ridotto il numero dei partecipanti. Noi come Nazionale abbiamo la possibilità di raggiungere il numero massimo di posti, ossia due ragazzi e due ragazze (questo perché siamo attualmente tra le prime otto del ranking, ndr). Speriamo di conquistare il pass il prima possibile e che chi ci rappresenterà a Parigi godrà della giornata giusta per regalarci delle belle soddisfazioni».
Dopo anni passati su bicicletta, che effetto le fa vivere le gare da una prospettiva diversa?
«L’emozione è, se possibile, ancora maggiore. Perché rivivi i sentimenti che hai provato da ciclista, ma con una consapevolezza diversa, che rende doppia l’emozione. Io, essendoci passata prima, conosco meglio dei ragazzi che seguo le paure e le gioie che provano».

Che differenza ha trovato negli atleti di oggi rispetto a quando correva lei?
«Una volta eravamo “più spensierati”. Allora avevamo anche noi le nostre responsabilità, ma le affrontavamo in maniera più “libera”. Ora vedo che i ragazzi sono sempre concentrati e sul pezzo, sotto tutti gli aspetti: preparazione atletica, in bicicletta, alimentazione, etc. Raramente si lasciano andare. In più tutto il loro lavoro è ampliato dai social, che allora non c’erano e che hanno reso più stressante il tutto».
In conclusione le chiedo: il 2024 di Nadia De Negri sarà positivo se?
«I ragazzi saranno soddisfatti della loro stagione».