Biker-crossista: una figura estinta. Problemi di calendario?

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La stagione di un biker di professione solitamente inizia a febbraio, entra nel vivo ad aprile con l’inizio della Coppa del Mondo, raggiunge il culmine in estate avanzata con gli appuntamenti clou (Europei, Mondiali, Olimpiadi etc.) e termina non prima di ottobre. Parallelamente quella di un crossista di livello inizia a metà settembre-ottobre e termina a febbraio con campionati nazionali e Mondiali. A differenza di dieci-quindici anni fa, se si seguono le competizioni nazionali e internazionali di ciclocross si fa sempre più fatica a trovare il nome di un biker “noto” ed il motivo è principalmente uno: il calendario.

Se per uno stradista è ad oggi per certi versi più semplice selezionare gli obiettivi e combinare la doppia attività, per un biker di Coppa del Mondo lo è decisamente meno. Il calendario è sì esteso (decisamente più di qualche anno fa, probabilmente troppo), ma comunque più limitato nel numero di appuntamenti, che diventano assolutamente da non sbagliare. Correre dodici mesi l’anno è impossibile oltreché impensabile, fisicamente e mentalmente, anche per i campioni. Anche con una gestione a fasi alterne eccellere in più discipline (seppur in questo caso “simili”) risulterebbe troppo difficile, anche per via degli altissimi livelli prestativi richiesti. “Improvvisare” è impresa che può (ma non sempre) riuscire a pochi, pochissimi. Riuscire a fare tutto e bene, anche con la giusta programmazione, è utopico.

Simon Andreassen era una promessa anche nel ciclocross, avendo vinto ben due Campionati del Mondo Juniores. Da anni si sta dedicando esclusivamente alla Mtb con crescenti-ottimi risultati, tra cui la vittoria al Mondiale XCM di quest’anno. Fonte foto: profilo Fb di Simon Andreassen

Ecco le ragioni per cui professionisti, ma anche giovani, sono distolti dall’idea della multidisciplina. Ed ecco anche che il ciclismo, così promosso, nonostante le tante parole spese sull’utilità del praticare più specialità, si avvia a diventare sempre più settoriale e specializzato. Spesso gli atleti si trovano infatti per diversi motivi di fatto di fronte a delle scelte. La Mtb ad oggi, nonostante le mille difficoltà, riesce a garantire più visibilità di quanto lo faccia il ciclocross (praticamente legato alle sorti dei movimenti belga e olandesi) ed è per questo in un certo qual modo “privilegiata”.

La specializzazione (specie tra i giovani) è discutibile, la pluridisciplina fuoristradistica difficile da realizzare: certamente, però, vedere gli stessi atleti in più contesti potrebbe essere interessante e offrire benefici a tutti i movimenti, in questo caso Mtb e CX. Oltretutto, il Gravel ne è la conferma: con le competizioni con accesso “libero”, è riuscito ad attrarre attenzioni da molteplici direzioni, in grado di garantire finora grande crescita del movimento. Forse sì, forse no: ciò che è chiaro e sotto gli occhi di tutti è che il ciclocross sia parte del percorso giovanile di molti biker professionisti, prima di essere poi, per qualche “misterioso” motivo, messo da parte.”

Anche i tre fuoriclasse in foto sono “costretti” a selezionare gli appuntamenti. Improvvisare è complesso: la caduta di MVDP di Tokyo è emblematica. Fonte foto: sito di Sporza