Parigi 2024, Van der Poel cerca gloria eterna (e la strada è la mtb)

Mathieu van der Poel in allenamento all'ultimo mondiale di Glentress Forest (UCI_DMBinS)
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È passato poco più di un mese dal mondiale di Glasgow, quello che ha incoronato van der Poel campione del mondo, ma solo su strada. Vi ricorderete quello che successe dopo quella grande vittoria: prima lo scandalo per la posizione in griglia nei Mondiali di XCO, poi le critiche per una gara – la sua – che non durò neanche un giro.

E così una settimana che qualcuno immaginava già sarebbe stata la “settimana perfetta” con 2 titoli iridati in 2 discipline completamente diverse, per l’olandese finì male. Prima per una colpa non sua, dell’avanzamento in griglia dirà infatti di non saperne niente, arrivano critiche da quasi tutto il mondo della mountain bike. Come può un ciclista che non ha partecipato neanche ad una gara di mtb negli ultimi 365 giorni, partire davanti a chi si è fatto tutte le trasferte? Perché deve essere influenzata la possibilità di conquistare il posto per l’olimpiade di qualche atleta? Le critiche furono feroci, verso l’UCI ovviamente, ma poco importava, di mezzo c’era comunque il suo nome.

Poi le critiche per la gara, anche se lui non aveva alcuna pretesa dal Mondiale di XCO, era pienamente consapevole di non toccare una mtb da troppo tempo. Per giunta l’allenamento svolto era troppo differente da quello che sarebbe servito per una gara di XCO. Nonostante questo uno come lui non può partire senza i riflettori addosso, a maggior ragione dopo quanto successo quella settimana tra vittoria e, appunto, lo scandalo griglia. Pronti, partenza, via e… caduto, dopo neanche un giro. Un disastro. La gara di van der Poel termina subito nel peggiore dei modi, mentre Pidcock, l’altro stradista venuto però con tutt’altre ambizioni, recupererà posizioni su posizioni ed andrà a vincere un mondiale che sappiamo essere un sogno per van der Poel.

La delusione c’è: “Sono molto arrabbiato con me stesso per aver commesso un errore così stupido in una delle sezioni più facili del percorso, cadendo” dirà, non può in alcun modo nascondere le sue emozioni, gli si leggono in volto, e non le vuole nascondere. Ma com’è fatto Mathieu oramai lo sappiamo, una sconfitta significa voglia di rivincita e non una di quelle semplici, l’olandese punta il colpo grosso: “Il futuro in mountain bike? Mi piace ancora correrci. Vedremo, si tratta solo di vedere cosa faremo in futuro. Ma le Olimpiadi restano l’obiettivo”.

Poche parole ma concise che tracciano, molto probabilmente, il percorso del campione del mondo su strada verso l’obiettivo a cinque cerchi, ma nel fuoristrada.

Passano i giorni e MVDP torna in bici dopo la caduta ai mondiali, c’è una maglia iridata da mostrare, forse più per fare felici gli sponsor che per sé stesso. Però Mathieu ha un obiettivo in mente, nessuno glielo può togliere dalla testa, le gare “minori” da correre non sono la sua priorità. La strada per Parigi 2024 passa dal test event del 24 settembre, non è una tappa fondamentale ma partecipare è anche un segnale, sia per sé stessi che per gli altri. Se vieni qui a chiudere la stagione stai prendendo un impegno, è inevitabile. Se vieni qui e provi il percorso invece che goderti la maglia iridata, sogno di tutti i ciclisti, stai avvertendo tutti i bikers. Tra meno di un anno ci sarà anche lui e correrà con un solo obiettivo in mente: la medaglia d’oro.

Il test event è andato come è andato, non si poteva chiedere molto di più ad un ragazzo che ha corso: il mondiale di ciclocross (vincendolo), le classiche primaverili (vincendo due Monumento su tre, nel Fiandre ha fatto “solo” secondo), il Tour de France e il Mondiale su strada. L’obiettivo era visionare il percorso e comprendere se Parigi 2024 in mtb potesse essere realmente un suo obiettivo. La risposta? Sì, lo è decisamente.

Il 28esimo posto finale conta poco, non conta neanche molto il fuori giri fatto per rientrare fino all’ottava posizione dalla quarantaduesima da cui era partito, ciò che conta sono le sue dichiarazioni di intenti: “Il titolo olimpico in mountain bike è il massimo. Su strada è bello, ma è inferiore nella gerarchia rispetto ad altre competizioni”.

Sappiamo benissimo che queste parole contano molto, se van der Poel dichiara una preferenza non lo fa a caso, le sue sono parole sentite e incoraggiate da un percorso che gli è piaciuto e non poco: “Parigi 2024? È un percorso di cui sono soddisfatto. Le tre salite sono facili da fare. Non troppo lungo per me, è un circuito che mi piace.” Per competere però la preparazione dovrà essere tutt’altra e, soprattutto, dovrà essere migliore la sua posizione in griglia, è lui stesso a dirlo: “So anche che l’anno prossimo dovrò competere in mountain bike per una migliore posizione di partenza. Altrimenti non vincerò. Volevo comunque fare due gare dopo la primavera, ma dovrò farne anche altre.”.

Il 2023 di van der Poel è finito, un anno stupendo, a prescindere da come sia andata la sua (terribile, va detto) stagione in mtb. Le ruote grasse non erano una sua priorità, neanche lontanamente. L’anno prossimo però lo saranno, non c’è dubbio. Più ci avvicineremo a Parigi, più brucerà quanto successo nel 2021 a Tokyo, quella caduta sciocca, sempre nei primi giri, che condizionerà poi le sue stagioni a causa del nuovo problema alla schiena. Mathieu ha una rivincita da prendersi, lo sa lui meglio di noi, gli altri obiettivi (dichiarati nell’intervista con Algemeen Dagblad: “Completare il Tour de France 2024 e partecipare alle gare olimpiche di mountain bike e strada a Parigi”) non sono obiettivi secondari, anzi, ma nessuno ha quella componente emotiva che può avere la mtb dopo quanto successo a Tokyo.

Un titolo mondiale nel ciclismo ti fa entrare nella storia del tuo sport, un titolo olimpico su strada ti fa entrare nella storia dei Giochi, ma non è abbastanza nella storia del ciclismo. Un titolo olimpico in mountain bike invece è diverso, quello è l’unico titolo che ti fa entrare di prepotenza nella storia di entrambi, e questo Mathieu lo sa bene.