Che molti dei nostri attuali migliori biker abbiano un grande trascorso nella disciplina invernale per eccellenza, il ciclocross, è cosa certa. Luca e Daniele Braidot, Nadir Colledani, Chiara Teocchi sono solo alcuni degli esempi più lampanti: ottimi biker sì, ma anche ottimi crossisti, con alle spalle convocazioni in azzurro, titoli nazionali e vittorie di spessore. Nonostante la scelta (arrivata comunque in età “avanzata”) di sacrificare il ciclocross (se non per qualche sporadica partecipazione) per puntare tutto sulla Mtb, i loro casi devono fungere da esempio: il talento si plasma anche nei fettucciati d’inverno. La multidisciplina è fondamentale e l’attuale Mtb italiana ne è la conferma.

Delle difficoltà ne abbiamo già parlato: nello specifico di quelle legate alle gestione, causate in primis dalla crescente incompatibilità tra i calendari delle varie discipline. Ora è giunto il momento di dare spazio ad altro. A livello giovanile è chiaro che diversificare rappresenti un’occasione di crescita senza paragoni. Il ciclocross, preso in questione, ti forma: migliora la tecnica di guida, la gestione dello sforzo, la capacità aerobica e molto altro. Certo, l’impegno quando si parla di giovani (esordienti, allievi, juniores) è notevole e non solo dal punto di vista economico (seppur rilevante): anche la gestione delle energie dev’essere ben oculata, ma con la giusta pianificazione (qualora necessario anche con tagli di calendario) si può fare.

I modelli li abbiamo in casa nostra, con due dei massimi interpreti del fuoristrada italiano che per anni sono riusciti ad abbinare più discipline ad alto livello. Parliamo ovviamente di Marco Aurelio Fontana ed Eva Lechner, che hanno trainato a suon di medaglie entrambi i movimenti, Mtb e ciclocross. E non parliamo mica di preistoria, ma di storia recente, metaforicamente l’altroieri. A separarci un lasso temporale che non può e non deve far dimenticare l’utilità della multidisciplina: un “fenomeno” di ieri, oggi e (speriamo) domani
