Copriscarpa e body: come l’aerodinamica sta cambiando la Mtb 

aerodinamica e copriscarpa
Sia Pauline Ferrand Prevot che Tom Pidcock in questa stagione hanno utilizzato spesso i corpiscarpa Gobik.
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Nel 2024 un crescente numero di atleti ha iniziato ad adottare in maniera costante capi di abbigliamento per curare l’aerodinamica, come copriscarpa e body. Accessori, questi, originariamente utilizzati nelle prove contro il tempo. E recentemente introdotti nelle gare su strada, e ora sorprendentemente anche nella Mtb.

Questa tendenza, che sembra rispondere a una crescente ricerca di prestazioni, ha trovato particolare evidenza in alcune scelte del Team Ineos, sempre molto attivo sul fronte dell’innovazione. Un esempio emblematico sono i copriscarpa dei due ex-iridati (e campioni olimpici), sicuramente non legati (come invece si supponeva mesi fa) a un problema di sponsorizzazioni (gli atleti Ineos non sono vincolati a specifiche calzature), né a scarpe prototipo da nascondere.

Infatti, sia Pauline Ferrand Prévot che Tom Pidcock hanno più volte mostrato apertamente cosa indossassero. In questa stagione, Pidcock delle Specialized Recon, mentre Ferrand-Prévot delle Shimano S-Phyre XC903, entrambe in colorazione bianca (oggi di gran moda). I copriscarpa in questione, marchiati Gobik (sponsor tecnico per l’abbigliamento del Team Ineos Grenadiers), sono così sottili da permettere di vedere le scarpe sottostanti, eliminando quindi la funzione “termoregolatrice”.
Sono realizzati in un tessuto altamente aerodinamico, lavorato con taglio laser, ovviamente non pensato per proteggere dalle temperature più rigide.

La scelta di Koretzky, con body e casco aerodinamico

Scelte curiose dunque, che non sono stati però gli unici a fare. Anche Victor Koretzky (assoluto protagonista di questa stagione), ad esempio, ha usato in più prove XCC un body aerodinamico a manica lunga, copriscarpa da cronoman e casco aero carenato (nello specifico il modello Evade 3 di Specialized).

Scelte, tutte queste, che sembrano essere motivate dall’aerodinamica: anche nelle gare di Mtb le velocità sono sempre più alte, con medie superiori ai 20 km/h e punte che superano i 40 km/h. Nelle prove XCC, le medie spesso raggiungono addirittura i 30 km/h, con picchi oltre i 50 km/h. Queste soluzioni offrirebbero dunque, nonostante velocità nettamente inferiori a quelle su strada, dei vantaggi aerodinamici, con una migliore penetrabilità dell’aria, seppur sempre in forma limitatissima.

“Marginal gains”, nulla di più, ma comunque rilevanti a livello “mondiale”. Un discorso, questo appena affrontato, che non esclude però anche una questione stilistica. Magari ai biker in questione, oltre ai vantaggi elencati, queste soluzioni piacciono anche: che l’occhio voglia la sua parte non è certamente una scoperta di oggi. E’ molto probabile che la radice di queste soluzioni si trovi proprio a metà tra scienza e stile. Al momento, però, risposta definitiva non c’è: staremo a vedere.