Nella recente intervista che abbiamo fatto a Elian Paccagnella, reduce dalle prove di Coppa del Mondo in Brasile, è emerso un particolare fondamentale: a quanto pare, la pratica del ”heat training”, e cioè l’allenamento “al caldo”, è davvero molto diffusa.
Per chi non lo conoscesse, questo “strano” – passateci il termine – quanto efficace metodo è funzionale a migliorare l’adattamento al calore e le performance atletiche alle alte temperature. Abbiamo detto “strano” perché, nella quasi totalità dei casi, il protocollo prevede uno sforzo fisico sui rulli, vestiti con indumenti termici invernali, in una piccola stanza riscaldata (il bagno di casa è quella più gettonata). Il motivo? Ricreare un ambiente tale da innalzare la temperatura corporea intorno ai 38-39°, e, nel frattempo, eseguire la propria sessione di allenamento indoor.

Da Porro a De Cosmo: molti i bikers che usano questa tecnica
Nonostante sia una tecnica ancora poco conosciuta, è molto diffusa – specialmente tra i Pro – per facilitare l’adattamento “preventivo” alle gare nei paesi caldi, come è accaduto per le prove cross-country in Brasile. A dircelo è stato proprio Elian Paccagnella: anche se lo stesso Elian non vi si è dedicato più di tanto, ci ha svelato quanto sia una metodologia ormai sdoganata. Infatti, nel gruppo dei crosscountristi, più di qualcuno adotta questa strategia di allenamento.
E non soltanto loro! Dopo la Cape Epic, abbiamo colto qualche indiscrezione sulla preparazione di Samuele Porro e Gioele De Cosmo, tra gli altri. Sembrerebbe, appunto, che i nostri due portacolori si siano cimentati proprio nel “heat training” per simulare il caldo sudafricano.

Alla Cape Epic, infatti, si affrontano escursioni termiche molto importanti, trascorrendo gran parte del tempo sopra i 30° di temperatura esterna. Questo sistema, dunque, porterebbe dei benefici per coloro che si allenano in territori climaticamente dissimili dal luogo della competizione. In aggiunta, si sa, la mtb più delle altre discipline ciclistiche, con le sue basse velocità, tende già a “surriscaldare” il fisico: un motivo in più per migliorare la propria sopportazione del caldo.
Heat training: esiste una procedura da seguire?
La messa in pratica di tale protocollo non è ancora ben chiara: ogni preparatore ha il suo metodo. In linea generale, dopo aver innalzato la temperatura della stanza ed essersi ben vestiti (completino invernale e, in qualche caso, anche la mantella impermeabile), si procede a pedalare in z3-z4 per qualche minuto. Insomma, una buona swattata per innalzare la temperatura corporea ai gradi desiderati: bisogna, sostanzialmente, arrivare ad avere una bella “febbre”. In effetti, proprio il termometro è utile in questa fase. Una volta raggiunti i gradi giusti, si cala anche l’intensità per arrivare ad eseguire una sessione di allenamento della durata complessiva di poco meno di un’ora.

Ovviamente, niente è lasciato al caso. Gli atleti sono seguiti in modo scientifico, non è un gesto che si può improvvisare: il rischio è che gli aspetti negativi prevalgano su quelli positivi. Infatti, se questo tipo di esercizio è mirato all’aumento di processi fisici di “resistenza” al calore, il contrappasso è una sudorazione smisurata con il conseguente rischio di disidratazione.
C’è da dire, però, che questa tendenza è tutt’altro che definita. Anzi, con buona probabilità, presto il protocollo verrà migliorato, standardizzato e svelato dal mistero che, per ora, lo avvolge.