Appena uscita, la Scott Spark di Nino Schurter ha subito sconvolto il mondo degli appassionati di cross country e marathon. Il progetto è certamente derivato da quello che qualcuno avrà già presente della Bold Cycles, ma nessuno prima aveva portato nel cross country una sospensione all’interno del telaio, del tutto nascosta, tanto da far pensare, dall’esterno che si possa trattare di una softail. Ebbene, abbiamo voluto chiamare in Svizzera per fare due chiacchiere con il Senior Engeneer di Scott, Charles Moreau, che si è occupato della progettazione del telaio e della sistemazione dell’inedito ammortizzatore.
-Dare vita ad una nuova Spark sarà stata un’impresa ardua, considerando il punto da cui arrivavate, giusto?
– La versione precedente era praticamente perfetta, l’unica piattaforma che ogni anno ha continuato a vendersi sempre di più. Ciò che accade solitamente è un boom il primo anno ma già dal secondo si hanno dei cali, ciò che succede con Spark è atipico. Questo è uno degli aspetti più impegnativi da affrontare, devi essere certo di uscire con un nuovo modello migliore.
-Quali sono i punti da cui siete partiti?
– Sapevamo che potevamo che potevamo lavorare sulle geometrie e sul travel, questi erano i due punti chiave che volevamo migliorare. La ragione per cui abbiamo aumentato il travel è perché da due anni il team Scott Sram stava girando con un linkaggio speciale e alcuni altri particolari per permettergli di avere ciò di cui avevano bisogno, volevano 120 millimetri di travel in considerazione dell’inasprimento dei percorsi di Coppa del Mondo.
– Cosa avete cambiato per le sospensioni della Scott Spark?
-La taglia dell’ammortizzatore è rimasta la stessa, 165 millimetri, ma in precedenza avevamo 40 millimetri di corsa, mentre adesso abbiamo 45 millimetri. In pratica però il volume della sospensione non è cambiato affatto. Con il lancio delle nuove sospensioni da cross country con 120 millimetri di travel sia da parte di RockShox che di Fox, abbiamo capito che il prodotto finale poteva essere completo e molto leggero.
-Parlando dello schema sospensivo, all’occhio balzano subito le dimensioni dei cuscinetti, come siete arrivati a questa misura?
-Le boccole inferiori sono rimaste delle stesse dimensioni del modello precedente, abbiamo aumentato la distanza tra i due lati per offrire più spazio e poter montare gomme con sezioni più abbondanti. Ciò che è cambiato sono proprio i cuscinetti di cui mi hai chiesto, 27,5 millimetri interno e 37 esterno, per una larghezza di 6,5 millimetri. La ragione di questa dimensione è la presenza di alcune linguette interne con una forma conica. Volevamo che la coppia fosse trasmessa al meglio, la forma interna a poi dettato queste dimensioni all’esterno.
-Tutto ciò inoltre per aumentare la rigidità e limitare la torsione laterale giusto?
-Sì, esattamente, avevamo bisogno di portare l’ammortizzatore più in basso possibile. All’inizio avevamo ovviamente le due opzioni: posizionarlo sotto al tubo orizzontale o in verticale. La parte bassa del movimento centrale era già rigida di suo, così abbiamo deciso di optare per questo layout e la parte alta poteva allo stesso tempo rimanere leggero. Il risultato è ammortizzatore collocato nel punto più basso mai realizzato, più basso vuol dire bici più guidabile e di conseguenza più performante. Per raggiungere lo stesso tipo di rigidità anche nella parte superiore quindi all’interno del piantone, abbiamo sperimentato diverse forme e dimensioni del tubo fino a capire che la sezione tonda sarebbe stata quella perfetta per rigidità e peso, molto più largo, inoltre nella parte superiore abbiamo aumentato la rigidità con un unico link. Il risultato è un ammortizzatore che non ha movimenti laterali ma allo stesso tempo molto sensibile ai piccoli urti.
-Qual è la ragione per cui avete deciso di utilizzare un link in alluminio nella Scott Spark al posto del carbonio utilizzato sulla versione precedente?
-Siamo stati vincolati principalmente dall’utilizzo delle flange interne al cuscinetto sovradimensionato di forma conica, queste dovevano essere obbligatoriamente metalliche e così anche l’esterno doveva essere in alluminio. Era una parte troppo complessa e troppo dispendiosa per pensarla in carbonio.
-E’ cambiato qualcosa tra dimensioni e peso?
-Le dimensioni sono le stesse ma il peso è ovviamente aumentato, la differenza è di circa di 70 grammi, prima avevamo due pezzi di carbonio.
-Cosa è cambiato nella cinematica della Scott Spark?
-Il principio è rimasto lo stesso, il triangolo posteriore è un pezzo unico, i foderi alti flettono. Il punto chiave era trovare il punto esatto di infulcro, ora abbiamo molta più esperienza a riguardo e siamo in grado di fornire ai produttori di sospensioni le specifiche esatte delle nostre curve per chiedere il miglior hardware.
-Con l’ammortizzatore posizionato all’interno del telaio della Spark, protetto dagli agenti esterni, cambiano anche le tempistiche per la manutenzione?
-Questo è il piano, abbiamo pensato di proteggere il più possibile la sospensione dall’esterno, in particolare il punto di collegamento tra l’albero e il cilindro risulta molto sporco dopo un’uscita in bici che può portare a problematiche non marginali. Abbiamo iniziato il progetto in maggio 2019, ma abbiamo effettuato molteplici test con diversi componenti ma non abbiamo ancora dati su quanto un ammortizzatore può andare oltre.
-Quanto questa collocazione incide sulla messa a punto ordinaria?
-E’ molto semplice mettere mano all’ammortizzatore, basta svitare di 180° la protezione inferiore a mano e agire sui registri. Ma anche per l’installazione è più semplice, le guaine partono dai terminali e arrivano direttamente all’ammortizzatore, prima era più complicato perché era necessario utilizzare un tubo metallico tra l’alloggio e l’ammortizzatore, stessa cosa per le leve, meno parti e meno sporco che può entrare.