La prima volta che sentì addosso il peso della maglia azzurra era un ragazzino. «Facevo ancora ciclocross, ci spiegavano il senso della maglia, l’importanza dell’azzurro. Erano lezioni molto belle». Ne ha fatta di strada Luca Braidot, ariete dell’Ital-Mtb, uomo di punta della squadra, atleta di spessore. L’anno scorso, a Les Gets, Francia, chiuse terzo. Il 6 agosto ha raggiunto la Nazionale e il ct Mirko Celestino. Il 12 sarà al via dell’XCO. Completa la frase: «Il mondiale va alla grande se… Arrivo sul podio». Ma certo quella di Braidot, 32 anni, è un’ambizione ponderata, misurata, sentita. Com’è lui, che sa guardare le cose per quello che sono. «Ci saranno anche Pidcock e van der Poel. Sono mezze divinità. Sarà bello sfidare anche loro».
Con che sensazioni?
«Buone, mi sento bene, e quest’anno non ho ancora avuto il periodo di forma come un anno fa. Quel periodo in cui non avverti la fatica, nulla. Spero arrivi ora».
Ti senti da podio?
«L’anno scorso ho preso il bronzo. Ho lavorato per migliorare. Sì, mi ci sento».
Al mondiale ci si abitua?
«Ogni anno è diverso. E quest’anno c’è la particolarità di questi atleti, van der Poel, Pidcock, che sono importanti e danno maggiore spessore alla gara. E poi è un supermondiale, ci sono tutte le discipline e questo conta perché dà ancora più risalto anche a noi. E’ un evento ancora più grande».

La presenza di Mvdp e Pidcock aggiunge o toglie?
«Non toglie niente. Anzi, il Mondiale è così, deve essere così: i più forti che si sfidano e vince il migliore. E’ bello così».
Chi è il favorito?
«Difficile da dire, ci sono molto atleti che andranno forte. Van der Poel e Pidcock li ho detti, ci sarà poi da tenere d’occhio Schurter, ovviamente. Titouan Carod è un altro da considerare, quando va forte è davvero forte».
Ti fa ancora effetto stare gomito a gomito con Schurter?
«Con lui ci salutiamo, non lo conosco benissimo. Però Nino è sempre stato un punto di riferimento. Il suo nome parla di mtb, è quello che ha vinto tutto. Io ero piccolo lui e lui c’era e già vinceva. E’ l’atleta che c’è sempre stato nella mia carriera».
Ti ricordi una prima volta?
«La prima volta non mi ha fatto effetto, non me la ricordo. Anche perché io ero lì che prendevo bastonate nei denti e lui era davanti. Con il tempo mi sono avvicinato».
Che idea ti sei fatto del percorso?
«Pioverà tutta la settimana, o almeno questo hanno detto. Però questo è un terreno che drena bene l’acqua. Quindi non ci sarà molto fango nonostante la pioggia».
Su terreni così ci vuole più tecnica o sangue freddo?
«Dipende. Io preferisco i terreni naturali, mi piacciono di più. Qui c’è una parte in terra battuta. Bisogna sempre stare attenti e concentrati».
Della bici cosa ci puoi dire?
«Più o meno un’idea sull’assetto ce l’avevo anche prima di partire, alla fine si cambieranno solo le gomme».

Tra gli altri tuoi compagni, chi vedi bene?
«In generale siamo una nazionale che ha fatto molto squadra, andiamo tutti d’accordo. Martina Berta è cresciuta tantissimo quest’anno, per me farà un grandissimo mondiale. E poi ci sono tanti ragazzi giovani che possono fare bene. La Corvi ha vinto l’europeo, per esempio. Siamo un bella nazionale. Mio fratello Daniele sta pedalando forte, farà un’ottima gara. Uno che può fare bene è Zanotti».
Il tuo mondiale è un fallimento se…
«Diciamo che ho lavorato per il podio, uscire da quelle posizioni lì non mi farebbe felice. C’è gente più forte e non andare sul podio non si può considerare come un fallimento. Ma spero di essere al cento per cento».
La maglia azzurra che cosa rappresenta per te?
«Un onore, si rappresenta il paese in cui si vive e sicuramente vestire l’azzurro è qualcosa in più rispetto alle altre gare. Voglio dare tutto».