MONDIALI 2023 / Storia di Tom Pidcock, nato per la mountain bike (parte 1)

Tom Pidcock non ha corso la crono inaugurale del Giro dei Paesi Baschi a causa di una caduta in ricognizione (foto: Bartosz Wolinski)
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Dopo aver battuto Mathieu van der Poel in coppa del mondo a Nove Mesto, nel 2021, Tom Pidcock si guardò attorno tutto soddisfatto. «Onestamente penso di essere nato per la mountain bike». Una frase apparentemente sbruffona, che aveva il merito di mettere in chiaro le gerarchie. Lui, Tigger (fu nonna Christine a chiamarlo così: tigrotto), si è sempre sentito Superman a dispetto delle piccole dimensioni (dichiarati 5 piedi e 7 pollici, dunque un metro e settanta per un peso sui 57 chili) e per dimostrarlo ha sempre corso su tutte le bici, su qualsiasi terreno e in qualsiasi competizione possibile. Sa andare addirittura in monociclo, quello dei giocolieri. «Lo usavamo con i miei amici a scuola, quando andavamo in giro per i boschi. Non l’ho più fatto di recente, ma è come andare in bicicletta: quando hai imparato non lo dimentichi più». 

Tigger è sempre passato con disinvoltura da una disciplina all’altra. Su strada ha vinto la Freccia del Brabante (nel 2021), la Strade Bianche (quest’anno), la tappa dell’Alpe d’Huez al Tour de France (nel 2022) e Dave Brailsford ha predetto che un giorno vincerà la Grande Boucle. Sul fango del ciclocross è stato campione tra gli Under 23 quattro anni fa e tra gli Elite nel 2022 a Fayetteville, negli States. In mountain bike ha vinto due mondiali Under 23 (nel 2020 a Leogang), nel Cross Country e nella e-Mtb, ma soprattutto (l’anno dopo) ha trionfato ai Giochi di Tokyo. E un oro olimpico è qualcosa di molto speciale, qualcosa che ti porta in un’altra dimensione. «Onestamente penso di essere nato per la mountain bike». 

Nato ma quando? E dove? Era il 30 luglio di 24 anni fa, nell’ultimo anno del millennio scorso. Leeds, West Yorkshire, antica città industriale che nel tempo si è riconvertita all’arte, alla musica alternativa e alla vita universitaria. Tom è il primo figlio di due grandi appassionati di ciclismo: Sonja Harper tiene corsi di aerobica in una palestra e organizza corse in bici nel nord dell’Inghilterra, come le popolarissime Otley Town Center Races, Giles Pidcock ha un passato da discreto corridore e gestisce una squadra di Juniores. Quando nasce il secondogenito Joe, Sonja e Giles regalano a Tom una biciclettina perché non si senta trascurato. Fanno centro. Leggenda vuole che debbano legargli i piedi ai pedali per impedirgli di sollevarli, ma neanche lui sa se questo sia successo sul serio. «Non so se è un vero ricordo o se me lo sono fabbricato a forza di sentirlo raccontare». In ogni caso, da lì in poi Tigger non passa giorno senza ciclismo. 

Sonja, la mamma, ha raccontato che i Pidcock non hanno mai fatto una vacanza. «Tutte le estati c’erano i campi estivi di ciclismo, andavamo lì». Quando Tom fa una corsa importante, Sonja spera sempre che vinca. Non tanto per la vittoria, ma per l’intervista. «Magari il giornalista sarà capace di tirargli fuori qualcosa. Come figlio non è molto comunicativo, aspetto sempre che in tivù mi dicano qualcosa che non so di lui».

Con la bici Tigger può fare qualsiasi cosa: arrampicarsi, sprintare, correre contro il tempo. Quello che preferisce in realtà è derapare, e sbandare. «Ma soltanto perché non sono io a pagare le gomme». In salita è fortissimo, a cronometro va come una spia, in volata è una freccia. «Ho cominciato a vincere le gare nello Yorkshire prima dei dodici anni. Erano tutti più grandi e più forti di me, dovevo inventarmi qualcosa: mi resi conto che potevo vincere se arrivavo davanti all’ultima curva, è diventato il mio stile».

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