Zanotti pedala forte e sogna la strada: «Glasgow è stato solo un punto di partenza»

Maxime Schmid/ 360dsm
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Alla vigilia della partenza mondiale era stato il ct Mirko Celestino a dircelo: «Attenzione a Zanotti. E’ ancora molto giovane, ma può giocarsi una prestigiosa top20». Non si sbagliava di molto. Così abbiamo deciso di sentire il diretto interessato, Juri Zanotti, lecchese, 24 anni, diciottesimo nello ShortTrack e venticinquesimo nell’XCO al suo primo campionato del mondo tra gli élite. «Per me è stata anche la prima volta in Scozia – racconta Juri -, il percorso mi piaceva molto, veloce e tecnico. Ci aspettavamo la pioggia, ma abbiamo trovato il terreno completamente asciutto. Con il bagnato sarebbe stato un altro mondiale, meno tattico e più selettivo, come piace a me».

Sei soddisfatto dei risultati ottenuti?
«Direi di sì, sono arrivati piazzamenti che vanno oltre a quelle che erano le mie aspettative. Nella gara ShortTrack mi sono sentito a mio agio e con pieno controllo della situazione. Avrei potuto osare di più e giocare le mie carte d’anticipo. Ho sbagliato, tutti i top rider si guardavano e nessuno mi avrebbe seguito. E’ stata una questione di attimi: quando ho capito di poter attaccare, l’occasione era svanita».

Juri Zanotti, 24 anni, Credit: Maxime Schmid/ 360dsm

Come giudichi, invece, la gara in formato olimpico?
«Anche nella gara “vera” ho avuto buone sensazioni, ma nell’ultimo giro sono stato superato da 5-6 atleti che risalivano dalle retrovie con un altro passo. Mi sarebbe piaciuto chiudere tra i primi 20 entrambe le prove, ma nel finale mi sono mancate le gambe per difendere la mia posizione. Non posso recriminarmi nulla: ho dato tutto ciò che avevo».

Quella che sta volgendo al termine è la tua seconda stagione con BMC Mtb Racing, una scuderia di tutto rispetto. Come sta andando quest’esperienza così internazionale?
«Ho la fortuna di correre per un team di primo piano, che mi garantisce materiali e calendario di altissimo livello. Dallo scorso anno, però, molte cose sono cambiate: Julien Absalon, ad esempio, si è un po’ defilato. Ora è ambassador di Bmc, ma non si occupa più della gestione del team, che ora è completamente svizzero. Anche l’organico di staff e atleti è cambiato, Bmc cercava un progetto più casalingo. Di conseguenza la squadra ha un po’ perso l’impronta francese degli inizi. Nonostante questo, mi sto trovando molto bene, forse ancor meglio. Il clima è perfetto per crescere, sono sicuro che la strada è quella giusta».

Zanotti dopo la gara XCO in Scozia. Credit: Maxime Schmid/ 360dsm

Com’è stato rapportarsi con il re Absalon?
«Un’esperienza unica. In pochi possono dire di aver avuto come team manager un due volte campione olimpico e cinque volte campione del mondo. Lui però è stato molto di più di un dirigente, era uno del gruppo: l’umiltà in persona».

C’è un momento che ricordi in particolare?
«Le tante prove percorso insieme, si divertiva a sfidarci in discesa. Mi raccontava delle stagioni in Bianchi, quando gli insegnarono l’italiano ed a cucinare la pasta. All’Italia è davvero rimasto molto legato. Dopotutto, è qui che è iniziata veramente la sua carriera in mtb».

E con i con i compagni invece com’è il rapporto?
«Sereno e professionale. Al mio fianco ho atleti del calibro di Jordan Sarrou, che ha indossato la maglia iridata ed in questa stagione sta lottando per la classifica generale in coppa del mondo. Da lui e Titouan Carod posso davvero imparare tanto».

Zanotti ha chiuso diciottesimo posto nello ShortTrack e venticinquesimo nell’XCO al suo primo campionato del mondo tra gli élite. Credit: Maxime Schmid/ 360dsm

Cosa ti manca per poter competere con i top rider di coppa del mondo?
«Negli ultimi due anni ho lavorato molto sul passo. Riesco a mantenere un buon ritmo per tutta la gara, ma nel finale mi trovo con le energie contate e non posso cambiare ritmo. Devo alzare il mio livello ulteriormente, facendo fuorigiri più prolungati nel periodo di preparazione. Per questo motivo la squadra sta organizzando un training camp con una squadra che corre con bici Bmc su strada. Gli stradisti sono abituati a fare sforzi violenti dopo 4-5 ore: allenarti o, ancor meglio, correre con loro ti fa alzare l’asticella e migliorare. Nel 2021 ho partecipato con il Team Bardiani ad alcune gare come stagista. Alla Milano-Torino feci 140 chilometri in fuga, diedi tutto per tagliare il traguardo ed arrivai stremato. Ecco, sono quelli gli sforzi di cui parlo».

Cosa ti porti dietro di quell’esperienza tra i pro’ su strada?
«Arrivavo da una stagione strepitosa, la mia ultima da Under23, con il secondo posto al Mondiale ed all’Europeo. Reverberi mi propose di provare e per me fu la realizzazione di un sogno. Partecipare a gare come Giro dell’Emilia, Milano-Torino e Coppa Agostoni non capita certamente tutti i giorni. È stata un’esperienza unica: se si presentasse un’altra possibilità di questo tipo, non esiterei a saltare sulla bici da corsa».

Manca ancora un mese per la fine della stagione, quali sono i tuoi prossimi appuntamenti?
«Ci sono ancora tre prove di Coppa del Mondo: Andorra, Les Gets, Snowshoe e Mont-Sainte-Anne. A Settembre ci sarà il test event a Parigi, che darà grandi indicazioni in chiave olimpica. I posti saranno pochissimi, spero di esserci. La condizione è buona, nei prossimi giorni valuterò se andare in altura o meno. Questa stagione sembra infinita e la stanchezza inizia a farsi sentire. Però, a far fatica, quella vera, sono altri: ci sono pro’ su strada con più di 70 giorni di gara alle spalle. Io non ho problemi di motivazioni: ho ben chiari i miei obiettivi nella massima categoria e so che li posso raggiungere lavorando con la giusta gradualità. Siamo solo all’inizio».