Storia di Avancini, che ha portato la Mtb dall’altra parte del mondo (la sua)

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La prima bici di Henrique Avancini è stata un rottame, l’ultima quella che lo ha portato a diventare campione del mondo in Scozia. Aveva otto anni quando nel negozio di bici di suo padre, a Petrópolis, non lontano da Rio, arrivò un cliente con una mountain bike disintegrata sul portapacchi della macchina. Avancini padre prese quello che era stato un telaio di taglia 21, lo accorciò, lo saldò e si inventò la prima mtb del suo bambino. Henrique la prese, la studiò, e pochi mesi dopo la portò alla prima gara. «Arrivai secondo, dietro uno che aveva un paio d’anni più di me, e aveva una bici biammortizzata, con telaio in alluminio e pedali a clip». Stava creandosi un alibi quando suo padre gli fece cambiare dicendogli una cosa semplice: «Forse dovresti semplicemente allenarti di più. Semplicemente non ti sei allenato abbastanza». Quella frase di suo padre gli fece scattare qualcosa dentro.

Primo Henrique Da Silva Avancini (BRA), al secondo Martin Stošek (CZE), terzo Lukas Baum (GER)


Con quella bici scassata Henrique vinse poi parecchie gare finché un giorno fece un brutto volo e la sua mtb tornò rottame, «ma è ancora nel mio garage». 
Ormai deciso a diventare un biker, Henrique esordì da juniores nel cross-country ai mondiali 2007, prima di passare alle gare U23 mentre correva in Europa con la squadra ISD Cycling.


Convinto di non essere un talento naturale, Avancini ha sempre lavorato duramente per raggiungere i risultati, ha imparato dalle sconfitte e si è spinto oltre i limiti che immaginava di avere. Studiava a lungo i video delle sue gare per capire dove poteva limare ancora qualcosa per avvicinarsi alla perfezione. Come tutte le storie di atleti di successo, la sua è una storia di rinunce e sacrifici, complicata dal fatto che è nato in Brasile, dall’altra parte del mondo rispetto a quello delle gare. 
A 20 anni mise insieme i suoi risparmi e partì per l’Europa. Direzione Cipro per la Cyprus Sunshine Cup, un viaggio che fu complicato da un problema alla carta di credito che il padre gli aveva lasciato. Costretto a cavarsela in qualche modo, Henrique fece molto bene, al punto che trovò contatti con i primi team europei. 


Primo fra tutti l’ISD, diretto dall’italiano Andrea Marconi, che gli diede la prima opportunità. Nel 2010, lo sponsor tecnico di ISD diventò RDR Italia e furono Vincenzo Jeantet e Cristina Galler, i proprietari del marchio, a dare una mano ad Avancini. Per qualche mese lo ospitarono a Sappada, e l’Italia diventò la sua base da questa parte del mondo.
Quando tornò in Brasile, dove studiava giurisprudenza, Avancini rimase senza squadra per sei mesi, ma il destino era che incontrasse il marchio Caloi, un marchio brasiliano, che da allora si è legato al suo nome. In Caloi Henrique correva ma non solo: era incaricato dello sviluppo tecnico e dell’organizzazione del team UCI. Intanto diventava sempre più forte, fino a entrare tra i primi 30 bikers in Coppa del Mondo. 

Henrique Avancini, stella brasiliana della Mtb (foto: Fabio Piva/Red Bull Content Pool)


Sempre partendo da lontano però: aveva un contratto da 5mila euro l’anno, e ai Mondiali andava da solo con il suo zaino, senza neanche un meccanico, si faceva prestare gli attrezzi.
Quando Cannondale acquistò una parte di Caloi, Avancini diventò la faccia del suo sport in Sudamerica. 
L’anno della svolta fu il 2018. Arrivò la prima vittoria in Coppa del Mondo ad Andorra, nello short track. Ma prima era arrivata la prima maglia iridata nella Marathon, vinta davanti a Daniel Geismayr e Leonardo Paez ad Auronzo di Cadore, non lontano da Sappada, che in altri tempi era stata casa sua. Diventare campione del mondo fu una rivelazione: il bambino che aveva imparato a correre su un ex rottame era stato capace di superare tutti gli altri, andando oltre i propri limiti. Non stupisce che Henrique abbia deciso di smettere con la sua seconda maglia iridata addosso: dire basta quando sei lassù è proprio dei più grandi.


Da allora Avancini è stato costantemente nell’elite del suo sport. Ma non ha dimenticato la fatica di emergere partendo da lontano, e proprio per questo ha messo in piedi un team per aiutare i giovani brasiliani a farcela in mountain bike, senza che debbano far fronte da soli a tutte le difficoltà che aveva dovuto incontrare lui quando non era ancora famoso e vincente. Le squadre inizialmente erano due, il team Caloi per gli Under 23 e il Cannondale Brasil Racing per gli élite. L’anno scorso Henrique ha lasciato la Cannondale dopo otto anni e ha fondato la «Caloi Henrique Avancini Racing». 

Henrique Avancini (foto: Michele Mondini)


Con la sua Mtb emozionale Henrique ha ispirato le giovani generazioni di biker in Brasile. La popolarità della bici è cresciuta al punto che il Brasile è diventato il quarto paese produttore di biciclette al mondo, e le mountain bike rappresentano il 60% delle vendite.
La bici è sempre la stessa, quella che puntò su di lui quando ancora non era nessuno. La versione avanzata di quel rottame che arrivò un giorno ormai lontano nel negozio di suo padre. Un incontro destinato a cambiare molte vite.