Per spiegare cos’è una gara Short Track bastano tre parole: esplosività, velocità, imprevedibilità. Gare brevi, di 20 minuti circa, incerte e spettacolari. Per queste gare non esistono veri e propri specialisti, nè bici specifiche. A differenziare queste ultime dalle tradizionali bici da Cross Country sono solo piccoli dettagli, che ci sono stati raccontati da Guido Camozzi, meccanico della Nazionale e product manager di Scott Italia.
Allora Guido, cos’ha di particolare la bici da Short Track?
«Deve essere rigida, veloce, scattante. Il telaio, nella maggior parte di casi, è lo stesso delle gare XCO. A cambiare è la rapportatura, il disegno dei copertoni e la regolazione delle sospensioni».
La differenza più evidente, dunque, la troviamo nella trasmissione. Perché si scelgono dentature diverse?
«Percorsi più lineari e velocità più alte implicano l’utilizzo di corone più grandi. Pensate che al Mondiale di Glasgow, dove ero presente, Daniele Braidot è ricorso per la gara del giovedì ad una 38T. Quasi mai, invece, il pacco pignoni viene cambiato: la scala è talmente ampia da adattarsi a tutti i percorsi e gli utilizzi».
Invece, che copertoni vengono utilizzati?
«Vengono utilizzati copertoni slick, praticamente senza tasselli. Si lavora molto sulla pressione, che in base al percorso può variare anche di 0.5 bar. Una differenza che può sembrare impercettibile, ma che non lo è affatto».

Infine, quali sono le regolazioni più richieste per le sospensioni?
«L’escursione resta sempre la stessa, 110 o 120 millimetri al massimo. Per le sospensioni il parametro più importante resta la pressione: di norma si tende a gonfiarle un po’ di più, per limitare l’affondamento della sospensione, il cosiddetto Sag. Nei percorsi più scorrevoli, si può agire anche sulla fase di ritorno, in modo da avere una bici più veloce, “nervosa” e sostenuta. Anche questo discorso, però, sta diventando sempre più circoscritto: le sospensioni elettroniche sono una vera e propria rivoluzione, il resto andrà scomparire».
Al Mondiale di Glasgow, diversi atleti che hai assistito hanno corso con sospensioni prototipo. Che impressioni hai avuto?
«Premetto che i ragazzi in questione, Berta e Braidot, avevano un tecnico di RockShox appositamente per le sospensioni: io non ci ho messo mano, ma ho avuto l’impressione di trovarmi davanti ad un oggetto che cambierà la Mountain Bike. Per anni si è lavorato sulla ricerca del tuning perfetto, un lavoro che sparirà: le sospensioni in questione lavorano con il Powermeter, si regolano, si bloccano e si sbloccano in completa autonomia. E’ tutto più semplice, anche per noi meccanici».

Nino Schurter le sta utilizzando in Coppa del Mondo da mesi, così come Pidcock, che ci ha vinto a Tokyo 2021 e non le ha più tolte. La strada sembra tracciata.
«Se le utilizzano loro, un motivo ci sarà. Nino lo conosco personalmente: se non fossero efficienti, non le userebbe. Si è parlato di 150-200 compressioni in un giro, qualcosa di impensabile per le sospensioni meccaniche. Il futuro è qui».