Zanotti racconta il percorso di Parigi 2024. «E ora gli States. Perché non iniziare da qui?»

Juri Zanotti in azione in maglia azzurra, la stessa con cui sogna di correre a Parigi (Foto: Maxime Schmid)
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Sono pochissimi a poter dire di aver pedalato sull’inedito tracciato di Parigi 2024: tra questi anche Juri Zanotti, quindicesimo sul traguardo del Test Event. E pensare che il 24enne lecchese non sarebbe nemmeno dovuto partire: come scritto nel suo ultimo post di Instagram, la chiamata è arrivata all’ultimo. «L’organizzazione aveva previsto posti limitati per la gara: avrebbero dovuto correre solo Nadir Colledani e Luca Braidot, indiscutibilmente i più forti in questo momento. Io e Simone Avondetto eravamo stati selezionati dal C.t. Celestino come visionatori del percorso: avremmo dovuto semplicemente “tastare” il terreno, non correre».

L’atleta azzurro, lecchese, 24 anni, cerca un posto ai Giochi di Parigi. Credito Maxime Schmid/360dsm

Poi cos’è successo?
«Sabato è arrivata una mail dal comitato organizzatore, nella quale si comunicava la possibilità di correre per tutti gli atleti presenti. Un’occasione da non perdere: sono partito e ho dato tutto quello che avevo. Il risultato mi soddisfa: non so se avrò la possibilità di correrci l’anno prossimo, ma ho gareggiato e anticipato alcuni che sicuramente ci saranno. L’obiettivo principale era quello di accumulare più dati possibili e l’abbiamo fatto anche meglio di quanto previsto: puoi pedalare su un percorso per ore e ore, ma solo in gara puoi valutarlo veramente».

Com’è stato questo primo approccio ai Giochi?
«Ho potuto respirare per qualche ora l’aria olimpica ed è stato bello. Ha alimentato la voglia di esserci l’anno prossimo: come spesso si dice, l’appetito vien mangiando».

Parliamo ora del percorso. Fino alla scorsa settimana non si sapeva praticamente nulla, è così?
«Sapevamo che fosse di 4.4 chilometri e 110 metri di dislivello, nulla di più. Appena arrivati, nella primissima prova a piedi, ci siamo subito resi conto subito che tutto sembrava “giovane”, appena costruito e poco rodato. Il percorso parte subito in salita, con un fondo molto morbido: un misto tra sabbia e ghiaia, in cui si affonda facilmente. Solo nell’ultimissima parte di percorso, all’interno di un piccolo boschetto, si passa ad un terreno più battuto. Le discese sono corte, molto veloci e ti danno poco tempo per recuperare. Curve e controcurve, sentieri stretti e tante rocce: un percorso in cui, anche i più forti, faranno fatica a fare subito il vuoto. Ci sono molte sezioni in cui è possibile scegliere la propria linea, ma spesso non c’è molta differenza di velocità. La pianura, in cui è possibile tirare il fiato, è veramente poca: praticamente solo nella zona dei box».

Zanotti alle prese con il tracciato di Parigi 2024. Credito Maxime Schmid/360dsm

Un percorso moderno e altamente tecnico. Vedremo set-up particolari?
«Oramai le Full Suspended sono una costante e credo che saranno pochi ad azzardare una Hardtail. Credo che le sospensioni giocheranno un ruolo importante: su un percorso così, non devono affondare troppo ed offrire molto sostegno. Anche la scelta delle gomme dovrà essere ben valutata: copertoni veloci e gonfiati un po’ più rispetto il normale sono, secondo me, la scelta ideale per il fondo sabbioso. Per quanto riguarda la rapportatura, opterei per un 36T: un bel compromesso per aggredire le parti veloci e non avere cadenza troppo bassa nelle sezioni più lente del tracciato».

In ottica olimpica, chi vedi favorito su questo tracciato?
«Credo che l’uomo da battere sarà Pidcock: ha dichiarato di voler vincere a Parigi e quando punta un obiettivo difficilmente sbaglia. Sarà curioso capire cosa farà Van Der Poel: se correrà un po’ di più nel Cross Country, sarà sicuramente della partita. Poi Nino, che è sempre molto competitivo e proverà l’assalto all’ultima Olimpiade. Da non sottovalutare anche i francesi, che avranno il sostegno del pubblico e si esaltano quando corrono in casa, come abbiamo potuto vedere ancora una volta lo scorso week-end. Le speranze azzurre, in ambito maschile, sono sicuramente legate a Luca Braidot: ha l’esperienza per fare bene, ha vinto prove di Coppa del Mondo e corso 2 Olimpiadi. Conosce il proprio mestiere e sarà sicuramente là davanti. Non affidiamoci esclusivamente ai risultati della settimana scorsa: molti dei top rider presenti sono venuti con lo scopo di visionare il percorso e non quello di vincere a tutti i costi».

Chiamato dal ct Celestino, Juri Zanotti è uno degli azzurri più in forma. Credito Maxime Schmid/360dsm

Qualche mese fa Celestino ci aveva parlato dell’importanza della logistica. Che indicazioni avete avuto?
«Abbiamo alloggiato nell’hotel assegnato alla Nazionale per l’anno prossimo: è comodo e permette di raggiungere velocemente il percorso. Ci è stato detto che sarà costruito un piccolo villaggio, all’interno del quale verranno collocati gli atleti di tutte le discipline. I controlli saranno serratissimi: una volta dentro, non sarà più possibile uscire fuori. L’Olimpiade in Europa facilita molto il lavoro dello staff, per esempio riguardo il trasporto del materiale. A Parigi, inoltre, sono presenti due ottimi aeroporti: dopo Rio e Tokyo, per noi italiani è come essere a casa. Questi giorni ci sono serviti anche per capire come dovranno essere gestiti gli allenamenti una volta a Parigi e come riscaldarsi prima della gara. Se come me si è abituati a un riscaldamento su strada, beh, questo alle prossime Olimpiadi non sarà possibile. Il riscaldamento dovrà per forza essere fatto sui rulli».

Ora, Olimpiade a parte, è momento di volare negli Stati Uniti.
«A Parigi l’ho dimostrato, la condizione è ancora buona. L’obiettivo è entrare nei primi 15 in Coppa del Mondo a Snowshoe e Mont-Sainte-Anne: nonostante l’ottimo livello e la costanza di risultati che ho raggiunto in questo 2023, ancora non sono riuscito a centrare questo goal. Se voglio andare all’Olimpiade, dovrò dimostrare di essere all’altezza fin dai primi mesi del 2024. Queste ultime due gare sono importantissime: finire bene significherebbe iniziare tra qualche mese con uno spirito diverso. Ci hanno insegnato che l’America è il paese dei sogni, dove tutto è realizzabile. Allora, perché non iniziare proprio da qui?»