Manubrio integrato in mtb, ha senso? Schurter lo usa dal 2018…

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Moda? A quanto pare no. Sono sempre di più i marchi che assemblano le proprie bici di media e alta gamma con cockpit integrati, dove l’attacco e il manubrio sono “fusi” in un unico blocco. Le motivazioni sono molteplici, ma basterebbe anche solo il fattore estetico a giustificare la presenza di questo componente: l’unione di stem e piega dona al mezzo un look molto pulito e aggressivo, simile a quello delle Mountain Bike che si vedono in Coppa del Mondo.

Dal sito Scott


In alcuni casi la scelta del “monoblocco” è obbligata (o fortemente consigliata) dai nuovi sistemi di integrazione di cavi e tubi, spesso specifici per ogni singolo modello: ad oggi molte bici vengono progettate con serie sterzo in grado di ospitare esclusivamente manubri con determinate caratteristiche. Se per l’utilizzo di manubri integrati su strada si è spesso parlato di guadagno aerodinamico, beh, non si può dire lo stesso per l’uso in off-road: in una gara XCO raramente le velocità superano i 23-24 chilometri orari di media, dunque l’impatto aerodinamico è sicuramente minore di quello che c’è invece su asfalto, dove in gara viaggia agilmente sopra i 50 chilometri orari. Stiamo parlando di velocità in competizioni professionistiche: per un amatore, che solitamente viaggia a velocità molto inferiori, è così necessario?


In termini di vantaggi prestazionali, possiamo dire che sono pressochè gli stessi di un “tradizionale” manubrio in carbonio, ma elevati ad un grado superiore: assorbimento delle vibrazioni e rigidità (quando flette, il carbonio è il materiale più veloce nel tornare alla posizione iniziale) sono i punti forti della fibra, che troviamo ancor più accentuati in un cockpit integrato. Inutile dire che il gap tra quest’ultimo ed una piega in alluminio (anche di ottima qualità) sia ancora più ampio, anche in termini di peso. Per capire meglio ciò di cui stiamo parlando a noi è stato sufficiente sfogliare il catalogo online di Syncros (brand satellite di Scott), selezionare dei componenti e compararli. Tutte e tre le soluzioni che abbiamo adocchiato sono composte dai pezzi più raffinati di ogni rispettiva gamma (integrato, due pezzi in carbonio e alluminio) e consentono il passaggio dei cavi all’interno della serie sterzo (stesso sistema, con pari difficoltà di installazione e manutenzione…).


Eccole qui sotto, elencate con pesi e prezzi:
1)Piega integrata Fraser IC SL con 740 millimetri di larghezza, 70 millimetri di lunghezza “virtuale” e inclinazione da -10 gradi -> 270 grammi, 380 euro circa
2)Manubrio Syncros Fraser 1.0 XC da 740 millimetri in carbonio + Attacco manubrio XC 1.5 da 70 millimetri e -10 di inclinazione in alluminio -> 375 grammi, 300 euro circa
3)Manubrio Syncros Fraser 1.5 XC da 740 millimetri in alluminio + Attacco manubrio XC 1.5 da 70 millimetri e -10 di inclinazione in alluminio -> 420 grammi, 170 euro circa


Particolarmente interessante è la differenza di peso che separa il Fraser integrato dal kit due pezzi con manubrio in fibra, ma anche la differenza di prezzo tra la piega in carbonio e quella in lega. Bisogna dire, però, che l’attacco in questione, nonostante sia il top di gamma, non è affatto dei più leggeri: è massiccio, in alluminio e pesa circa 150 grammi.

Dal sito Gemini, brand basco che produce componenti “artigianali”


Esistono manubri e stem che riescono, nonostante la presenza di viti e filettature, ad essere ancor più leggeri di un “integrato” standard: parliamo, ad esempio, dei componenti Schmolke e Darimo, prodotti artigianalmente in Germania e Spagna. I prezzi, però, vanno ben oltre i 350-400 euro di un integrato di alta gamma.

Nino Schurter in azione

Ma allora, nel caso si desideri un cockpit di nuova generazione, cosa conviene fare? Tutto dipende dalla situazione in cui ci si trova. L’ideale sarebbe acquistare il proprio oggetto dei desideri in “After Market”, dopo aver trovato il giusto set-up. Infatti, se si acquista il manubrio in un secondo momento, dopo un’attenta valutazione dal vivo delle quote geometriche del telaio e delle prove sul campo con componenti in alluminio, il rischio che non vada bene è sicuramente ridotto.


Il più grande difetto di un manubrio integrato, infatti, è la scarsa personalizzazione: una volta acquistato con determinate misure “virtuali” di lunghezza e inclinazione, non è più possibile modificarlo in alcun modo. Il tutto si fa più complesso quando si acquistano bici di determinati brand che montano integrati (più appetibili), ma non offrono possibilità di scelta e adattano i propri manubri in base alle taglie. In questo caso c’è poco da fare, se non scegliere il telaio della taglia giusta e sperare che larghezza e lunghezza del cockpit si adattino alla propria conformazione (come quando si acquistano bici di seconda mano). In tal caso, per ridurre al minimo il margine di errore, il consiglio è quello di discutere l’acquisto che si vuol fare con un biomeccanico specializzato, per evitare di dover spendere altri soldi per un nuovo manubrio.


Fino a qualche anno fa era molto più complesso trovare un integrato con misure “ideali”: oggi il mercato offre pressochè le stesse possibili soluzioni “geometriche” (compresi rise, upsweep e backsweep) per manubri tradizionali e “monoblocco”. Nel caso di Scott, l’integrato offre addirittura una soluzione in più: si tratta del Fraser SL WC con inclinazione da -40 gradi, il manubrio “estremo” che utilizza il dieci volte Campione del Mondo Nino Schurter.
Ora, cari lettori, la scelta sta a voi. In fin dei conti, la domanda da porsi è solo una: ne vale la pena?