La prima stagione tra gli under 23 non è mai semplice per un’atleta. Si affronta il primo “vero” salto di categoria. Si inizia a fare un calendario sempre più internazionale e simile a quello degli elite. Ma soprattutto è l’ultimo anno nel quale si deve far coincidere gli impegni scolastici con quelli ciclistici. «Tra corse e studio questo è stato un anno complicato. Bilanciare le due cose non è stato semplice, anche perché a giugno, in piena stagione, c’è stata la maturità. Questi di ottobre sono i primi veri giorni di riposo», ci ha confermato Valentina Corvi, biker classe 2005 che quest’anno ha concluso la sua prima stagione nella nuova categoria. Vacanze che però non dureranno più di qualche settimana: «Nei prossimi giorni parto e vado al mare, in Egitto. Stacco un paio di settimane, ma dopo il ponte dei morti torno in Italia e riparto subito con gli allenamenti e la preparazione in vista del 2025».
Quali sono stati i momenti principali di questa prima stagione tra gli U23?
«Le prime tappe in Coppa del Mondo sono state un buon punto di partenza. Fare bene e portare a casa ottimo risultati fin dalle prime uscite in Brasile è stato molto importante per aumentare morale e fiducia. Poi l’Italiano. Riuscire a confermarmi in questa gara, ma in una categoria superiore, è stato il principale successo della stagione. Infine mi ritengo soddisfatta della mia prestazione ai Mondiali di Andorra. Era un appuntamento a cui tenevo molto, il mese prima ho lavorato sodo per arrivare lì nella migliore condizione. Non nascondo che c’è un po’ di rammarico per aver mancato il podio, ma ho lottato fino alla fine per salirci e quel quarto posto me lo tengo stretto».

Mondiale particolare perché, a causa dell’allerta meteo, ha costretto a disputare una corsa unica per le donne elite e U23.
«A spiazzarci è stato soprattutto il fatto che noi atlete abbiamo veramente saputo tutto all’ultimo. La sera prima della gara eravamo in riunione con il ct per definire il programma del giorno dopo e la strategia da effettuare. Appena finito saremmo andate a dormire. Quando è arrivata la comunicazione che si sarebbe corso insieme alle professioniste. La prima reazione che abbiamo avuto tutte è stata: la gara diventerà durissima. È impossibile per noi U23 correre con le elite. Anche perché in griglia siamo state schierate seguendo il ranking UCI. Siamo quindi tutte partite indietro e con grandi distanze tra di noi. Le prime erano in terza fila. Io e Holmgren, ad esempio, eravamo in quinta, ma molte altre stavano ancora più indietro. Era evidente che molte erano più svantaggiate di altre. Detto ciò credo che questa fusione mi abbia regalato una delle più belle gare che io abbia mai corso. Perché il ritmo che hanno imposto le professioniste era altissimo. Non potevi sbagliare nulla, o eri fuori dai giochi. Io sono riuscita a gestire bene un inizio confuso e non semplice, andando a impostare la corsa come volevo io: sempre all’attacco. Essendo al primo anno non avevo nulla da perdere e ho provato il tutto per tutto».
Il podio ad Araxá ha confermato che i numeri per competere con le migliori ci sono. Nel 2025, con un anno in più, potresti già ambire a un successo in Coppa del Mondo?
«Sì. Senza dubbio quello di confermarmi e migliorarmi sarà uno degli obiettivi della prossima stagione. Con un anno di esperienza in più e visto che già lo scorso anno sono riuscita a centrare un podio, puntare a un successo in Coppa potrebbe essere un risultato a cui ambire. Ovviamente si tratta di un traguardo non facile da raggiungere, perché il livello rimarrà alto e non mancheranno le avversarie più grandi e più pronte fisicamente. Lavorerò tutto l’inverno per crescere e vedremo come si evolverà il 2025».

Vedendo il calendario della prossima stagione, qual è il percorso che ti piace di più e che meglio si adatta alle tue caratteristiche?
«La tappa che più mi è piaciuta quest’anno è stata quella di casa di Val di Sole. Sia per l’atmosfera, magica soprattutto per noi atleti italiani che possiamo correre davanti alla nostra gente, ma anche per le esigenze del percorso. Si tratta di un tracciato che si addice abbastanza alle mie caratteristiche e dove penso di poter fare un pensiero anche alla vittoria il prossimo anno. Belle anche le gare in Brasile che presentano percorsi che mi sono molto piaciuti, in quanto sono allo stesso tempo veloci e tecnici. Tanto che quest’anno sono anche salita sul podio ad Araxa».
Essere in condizione già ad aprile, però, non è semplice. Che tipo di preparazione invernale serve?
«Più che la preparazione, quello che solitamente fa la differenza è il ritmo gara. Io lo scorso anno uscivo da una lunga e importante stagione di ciclocross che mi ha fatto andare in Brasile pronta e con le gambe già rodate per lunghi sforzi. Quest’anno, invece, parlando con il mio preparatore, abbiamo deciso di stilare un programma di avvicinamento alla nuova stagione che non comprenda il ciclocross».

Proprio per niente?
«Forse farò qualche gara a febbraio, ma giusto una/due per riprendere il ritmo gara. La stagione di mountain bike quest’anno è stata molto lunga e ho preferito cambiare rispetto allo scorso anno. Ho optato per prendermi qualche giorno di stacco dopo la fine delle gare di MTB e impostare in maniera diversa il carico di lavoro invernale».
Non ci sono ancora ufficialità, ma le voci che parlano di una possibile chiusura di Santa Cruz aumentano di giorno in giorno. Che sarà del tuo futuro?
«Ho letto qualcosa anche io in giro, ma di persona non mi è mai stato detto nulla. Queste sono cose che gestisce il mio procuratore e di cui io mi interesso poco. Io so che lui sta trattando con la squadra. Se il team dovesse chiudere troveremo un’altra sistemazione, ma ancora non abbiamo preso nessuna decisione a riguardo».

Parlando con Celestino in prospettiva Los Angeles 2028 è uscito anche il tuo nome come atleta che potrebbe puntare a una maglia per la prova olimpica. È un traguardo, lontano, ma a cui ambisci?
«Non posso negare anche che i calcoli li ho fatti anche io e il 2028 dovrebbe essere il mio primo anno elite. Quindi il sogno c’è e non lo nascondo. Però è un appuntamento ancora molto lontano e la mia presenza o meno dipenderà tanto da come si svolgeranno questi 3 anni. Sicuramente c’è sempre più spazio per i giovani e l’età media dei ciclisti e del ciclismo si sta abbassando. Su strada, come su mountain bike. Ad esempio quest’anno c’erano due ragazze U23 che hanno preso parte alle Olimpiadi. Quindi il sogno c’è, ma almeno fino al 2028 tale rimane».