Con l’arrivo della stagione delle foglie morte, oltre che l’estate, è volta al termine anche la stagione 2024 di MTB. Quello appena concluso è stato un anno molto duro e impegnativo, anche e soprattutto per via delle tanto attese Olimpiadi di Parigi. L’edizione francese è stata particolarmente sentita da tutto il mondo dello sport, in quanto la prima vera olimpiade del post-covid (o quanto meno la prima potuta disputare in condizioni di “normalità”). L’avvicinamento, però, è stato tutt’altro che semplice, anche perché i tempi di preparazione sono stati ridotti, dai soliti 4 a 3 anni, in quanto i Giochi di Tokyo 2020 sono stati disputati un anno dopo rispetto alla programmazione.
«Questo è stato un anno lungo e non semplice da affrontare», ci ha confermato il ct della Nazionale Mirko Celestino. «Come Nazionale abbiamo iniziato a gennaio con un primo ritiro ad Alassio e concluso con il Mondiale di Andorra di fine agosto. In mezzo ci sono stati due bei periodi di altura, come quello ben fatto prima degli Europei in Romania e le due settimane a Livigno in preparazione delle prove iridate, ma soprattutto le Olimpiadi. Questo se si parla solamente di cross country, a cui andrebbero comunque aggiunte tutte le gare di Coppa del Mondo affrontate dai ragazzi».
In quanto anno olimpico per Celestino e il suo staff questo è stato un anno di scelte. A Parigi i posti erano solo due per categoria e gli atleti si sono dati battaglia per una maglia fino all’ultimo: «Io, con un fisioterapista e un meccanico della federazione, eravamo presenti anche alle prime due tappe brasiliane di Coppa. L’obiettivo era quello di dare l’assistenza necessaria in quelle due settimane ai ragazzi per far si che potessero dare il massimo e mettersi in mostra in quelle gare. Anche perché le avevamo segnalate come le due occasioni indicative per valutare chi non era ancora sicuro del posto per i Giochi. Infatti, se Braidot e Berta erano abbastanza certi di una chiamata, in quanto erano stati principalmente loro a conquistare i punti necessari per qualificarci, sia Teocchi che Avondetto si sono aggiudicati la maglia grazie alle loro ottime prestazioni in Brasile».
L’anno azzurro è analizzabile in due filoni. La prima è composta dai bikers più affermati, partiti più lenti, ma cresciuti di condizione nella seconda parte di stagione, puntando ad avere il picco di forme nei mesi di luglio/agosto, dove si sono corsi Olimpiadi e Mondiali: «Penso che Luca abbia fatto il massimo e rimango dell’idea che meritava di vincere almeno una medaglia, soprattutto alle Olimpiadi. Non nego che dopo la terza gara di Coppa del Mondo, quella di Nove Mesto, ero un pochino preoccupato per la sua condizione. Vedevo che faceva fatica a entrare nella top ten di Coppa e la cosa non mi faceva stare tranquillo. Da Val di Sole, però, ha dimostrato che la sua preparazione era ben mirata alle Olimpiadi. Dove sono convinto che solo la sfortuna della foratura in un momento critico della gara gli abbia tolto il podio. Per capire che gamba aveva, basta pensare che dopo il cambio ruota lui era diciassettesimo ed è stato capace di rimontare fino a chiudere la prova al quarto posto».
Se per Braidot Celestino trova scusanti sulle mancate medaglie. Meno giustificabile è invece la stagione di Berta, indubbiamente salvata in calcio d’angolo dal bronzo Mondiale: «Da Martina mi aspettavo qualcosa di più. E anche lei ne è cosciente. Per tutto l’anno non ha mai ingranato come avrebbe voluto. Nessuno gli toglierà i meriti per la grandissima medaglia di bronzo nella prova iridata. Però, nel resto delle gare, sia in Coppa del Mondo che alle Olimpiadi, è stata decisamente sotto tono».
Entrambi i ragazzi, nel 2025, dovranno lasciare il proprio team (anche se non sono ancora ufficiali le nuove destinazioni): «Il cambio squadra è sempre un momento che può spaventare. Soprattutto se in quel team ci stai da diverso tempo. Uno, infatti, sa cosa lascia, ma non sa ciò che troverà. Soprattutto Martina, però, penso sia arrivata in un momento della sua carriera dove un nuovo ambiente possa portare nuovi stimoli e fargli bene. Non so ancora quale sarà la sua prossima destinazione, ma se fosse all’estero sarebbe ancora meglio. Da molto giovane aveva fatto un’esperienza fuori che, con il segno del poi, si rivelò troppo affrettata. Probabilmente oggi possiede quella maturità che allora non aveva e potrebbe fargli fare quel salto definitivo per avere una carriera importante. Luca, invece, è un veterano del circuito e sicuramente questo cambio impatterà meno, anche se perché lui è giovane dentro e le motivazioni se le crea da solo».
La linea secondo era quella degli emergenti, di quelli che si giocavano i posti restanti per Parigi. Questi sono infatti partiti subito forte, andando poi a calare nella seconda parte di stagione: «Simone è un talento e si sapeva. Dopo un primo anno difficile, in questo 2024 ha confermato tutto quello che di buono aveva fatto vedere tra gli U23. Anche quando il tempo è stato avverso, come agli Europei in Romania, lui ha saputo brillare. Il suo è stato un anno da incorniciare. Se proprio dobbiamo vedere il pelo nell’uovo, dalle Olimpiadi è uscito con l’amaro in bocca. Non tanto noi, ma quanto lui è rimasto davvero tanto deluso sia dal risultato, quanto dalla prestazione. Gli abbiamo però spiegato che è giovane e avrà tempo per rifarsi. A Parigi era importante che facesse un’esperienza di questo genere. Da tenere stretta in vista di Los Angeles 2028. In più in Coppa del Mondo ha centrato due volte la top five, dimostrando di avere le qualità per stare lì davanti. Anzi, vi dico di più: dategli un paio di anni e Avondetto lotterà per la classifica generale di Coppa del Mondo. Garantisco io al 100%».
Con uno splendido exploit in apertura e con un incoraggiante 11° posto a Parigi, la stagione di Teocchi ha vissuto di alti e bassi: «Chiara mi ha impressionato tanto partendo fortissimo e si è guadagnata un posto alle Olimpiadi. Il resto della stagione, però, è stato molto altalenante. Ci vorrebbe un po’ più di costanza. Se questo è stato l’anno della maturazione sportiva, il prossimo dell’essere quello della definitiva esplosione. Sicuramente, come Avondetto, anche lei è un’atleta su cui si può puntare in vista di Los Angeles».
Celestino si è detto nel complesso molto contento di tutti i suoi ragazzi, anche da quelli che hanno avuto su di loro meno fari puntati in questa stagione: «Di ragazzi talentuosi e che quest’anno hanno fatto bene ce ne sono parecchi. Yuri Zanotti e Filippo Fontana sono due giovani che stanno crescendo molto bene e che in Coppa hanno raccolto importanti piazzamenti, venendo infatti premiati con la convocazione al Mondiale. Nadir Colledani idem. Anche tra le donne abbiamo avuto due valide interpreti come Greta Seiwald, forse per costanza la migliore, e Giada Specia, che al primo anno in categoria si è difesa molto bene».
Dando uno sguardo agli Under 23 i risultati migliori sono stati portati principalmente da due ragazzi al primo anno nella categoria: «Soprattutto in campo femminile abbiamo un livello abbastanza alto. Dietro alle quattro ragazze prima citate tra le elite, non ci sono altri grandi nomi. Valentina Corvi, quindi, è senza dubbio una ragazza che attendiamo tra le grandi con ansia nei prossimi anni. Stagione dopo stagione sta dimostrando la propria crescita. Come conferma l’ottimo impatto avuto in U23. Forse Los Angeles è “troppo vicina” per lei. Ma se conferma questa crescita potrebbe anche arrivare a giocarsi un posto nel 2028. Quest’anno, inoltre, arriva in U23 Giada Martinoli. Ragazza che tra le junior ha corso da assoluta protagonista. Sono molto curioso di vedere come approccerà il salto. Dovrà fare un giro più, sostenere ritmi più elevati e affrontare atlete 3/4 anni più grandi di lei. In campo maschile si fatica un po’ di più, con Elia Paccagnella che ha ottenuto i risultati migliori. C’erano però tante aspettative anche su diversi ragazzi come Gabriel Borre, Marco Betteo o Matteo Siffredi, che fino ad ora hanno faticato molto. Il 2025, però, sarà il loro ultimo/penultimo anno. Devono tirar fuori qualcosa. Anche qui arrivano però beni nomi dagli juniores come Giulio Peruzzo, Mattia Stenico e Tommaso Bosio».