
Campione del mondo, terzo alle Olimpiadi, vincitore della Coppa del Mondo: non c’è dubbio che Alan Hatherly sia stato il grande protagonista dell’ultima stagione di mountain bike. Ancora più di Tom Pidcock, l’oro olimpico di Parigi nonché bronzo iridato, che proprio pochi giorni fa ha svelato il suo futuro: non più nella Ineos Grenadiers, ma nella Q36.5 (qui la notizia). Ma il britannico non è il solo a cambiare casacca: lo ha fatto anche Hatherly, che ha lasciato la Cannondale per la Jayco AlUla, decidendo di mettersi alla prova una volta per tutte anche sulla strada.
«Già da un paio di anni cercavo un’occasione del genere – ha raccontato il sudafricano nella giornata dedicata ai giornalisti – e finalmente è arrivata. Credo di essermela meritata. Sono proprio curioso di capire quali sono i miei limiti e quali risultati posso raccogliere. Il mondo della mountain bike lo conosco bene, quello della strada no: è anche questo uno dei motivi che mi ha spinto verso questa sfida. Voglio migliorare e combinare le due discipline. Non vedo l’ora di cominciare».
Appunto, quando debutterai sulla strada?
«All’AlUla Tour, in programma dal 28 gennaio all’1 febbraio. E poi prenderò parte alle due prove dei campionati sudafricani, quella in linea e quella a cronometro. Romperò il ghiaccio con una gara adatta alle mie caratteristiche, mi piace».
Cosa te lo fa dire?
«Secondo i primi confronti con la squadra, sembra che io sia un qualcosa a metà tra lo scalatore e lo scattista. Dovrei poter dire la mia sulle salite che durano al massimo un quarto d’ora. Le grandi corse a tappe non sono in programma, mentre potrei concentrarmi su quelle di una settimana: Parigi-Nizza, Romandia, Delfinato o Giro di Svizzera sarebbero ottimi appuntamenti a cui prendere parte».
E per quanto riguarda le classiche, invece?
«Sarei curioso di partecipare alla Strade Bianche. Con tutto quello sterrato, credo che potrei trovarmi più a mio agio rispetto a tanti stradisti puri. Certo, da qui a raccogliere un piazzamento ce ne corre, ma spero di essere al via».
Di quante gare credi di aver bisogno per prendere le misure con le dinamiche di gruppo?
«Spero di cavarmela con due o tre. Non ho scelto la strada solo per curiosità, il mio obiettivo è quello di spingermi più avanti che posso. Mi attraggono le alte velocità e l’aspetto tattico, imparare a gestire il confronto con molti colleghi e a superare una giornata storta».
Su quali aspetti si sta concentrando la tua preparazione?
«Banalmente sul volume degli allenamenti: aumentano i chilometraggi e io devo regolarmi di conseguenza, senza tuttavia perdere quell’esplosività e quella brillantezza che nel ciclismo equilibrato di oggi sono fondamentali per centrare piazzamenti e vittorie».
Tuttavia rimani il campione del mondo della mountain bike, nonché il vincitore uscente della Coppa del Mondo. Ti vedremo impegnato nel fuoristrada?
«Fino a maggio mi concentrerò sulla strada, dopodiché tornerò in azione anche in mountain bike. L’idea è quella di partecipare a sei prove di Coppa e al campionato del mondo, in cui proverò a difendere la maglia iridata».
Sullo sfondo, seppur ancora lontane, le Olimpiadi di Los Angeles 2028.
«Il mio sogno più grande rimane l’oro olimpico nella mountain bike. Aggiungere l’attività su strada è finalizzato anche a quello, a sviluppare la miglior versione possibile del biker che posso diventare. Credo che l’esperienza che sto per affrontare possa farmi soltanto che bene».