Dalla Spagna alla Francia, puntando a Los Angeles 2028: il nuovo capitolo di Chiara Teocchi

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Chiara Teocchi in azione nella sua prima uscita stagionale, a La Nucía (credit: Robin Nevrala)
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L’anno successivo ai Giochi Olimpici è sempre un periodo di transizione. Con la fine di un ciclo (in questo caso un triennio) le squadre si rinnovano, gli sponsor cambiano e gli atleti fissano nuovi obiettivi, con lo sguardo rivolto alla prossima edizione olimpica. Questo porta a nuovi progetti, strategie e ambizioni. Il 2025 sarà quindi un anno cruciale per molti atleti, tra cui Chiara Teocchi, che ha lasciato gli spagnoli dell’Orbea Factory Team durante l’inverno per unirsi ai francesi del Lapierre Racing Unity.

Dopo un solo anno in Orbea hai deciso di cambiare e passare a Lapierre. Raccontaci le motivazioni che ti hanno spinta a cambiare e il perché della scelta.

«Nel 2024 avevo firmato un contratto annuale con Orbea. L’idea, però, era fare insieme l’anno olimpico e poi vedere. Infatti, quando a giugno abbiamo iniziato a discutere del futuro, mi hanno detto subito che ci sarebbero stati molti cambiamenti. In questa stagione Orbea ha cambiato team manager, stravolto lo staff e rinnovato la squadra quasi per intero. L’unico atleta rimasto è stato Pierre (De Froidmont). Loro mi hanno comunque fatto una proposta per continuare insieme, allo stesso tempo ho ricevuto diverse offerte da altri team, tra cui Lapierre. Mi sono quindi presa il tempo necessario per valutare le opzioni, non solo dal punto di vista economico, ma anche per il progetto a lungo termine».

Alla fine quella del team francese è risultata la migliore, secondo la biker bresciana: «Le motivazioni che mi hanno convinto a firmare un contratto fino al 2028, quindi fino alla prossima Olimpiade, sono tante. Tra questi sicuramente il fatto di ritrovare Enrico Martello, che è stato il mio allenatore per sette anni nelle categorie giovanili e Under 23, e avere una team manager donna come Céline Hutsebaut, che per me è un valore aggiunto».

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Chiara Teocchi, 28 anni, entra nel clou della sua carriera (credit: Robin Nevrala)

Come è andata la preparazione invernale e quali sono i tuoi primi appuntamenti?

«Quest’inverno l’ho passato tutto tra Finale Ligure e la Spagna. Soprattutto il primo posto è quasi una seconda casa per me. Passo più tempo lì che a Bergamo, dove abito. Ora sono tornata in Spagna che la scorsa settimana abbiamo fatto gli shooting e ho debuttato a La Nucia (con un ottimo 5° posto). I prossimi weekend, invece, correrò prima a Chelva e poi a Banyoles. L’obiettivo è quello di testare la gamba e migliorare la confidenza con il nuovo mezzo, prima dei grandi appuntamenti».

Parteciperai anche a qualche gara in Italia prima della Coppa del Mondo?

«Sì, ho in programma di correre ad Albenga (8-9 marzo) e poi probabilmente a San Zeno (14-15 marzo), come l’anno scorso. La seconda è ancora di confermare, ma al 90% ci sarò».

Anche Martina Berta si è trasferita in team con sede in Francia, l’Origine Racing Division. Vi siete confrontate su questa scelta?

«In realtà, nonostante Orbea fosse una squadra spagnola, sia il team manager, che tutto lo staff erano francesi. Questo mi aveva permesso di avere già a che fare con la scuola francese. Con Martina, invece, ci siamo viste a dicembre durante un raduno dell’esercito. In quei giorni abbiamo condiviso la camera e ne abbiamo parlato. Entrambe abbiamo notato che i team transalpini hanno un approccio molto professionale, non solo nella costruzione della squadra, ma anche nella cura dell’atleta. Ad esempio, la mia squadra mi ha messo a disposizione una nutrizionista e nelle gare di Coppa del Mondo, oltre al fisioterapista, avremo un osteopata. Sono tutte cose che fanno piacere perché dimostrano che il team non si concentra solo sulle performance, ma anche sulla salute e il benessere dell’atleta».

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Chiara Teocchi con il nuovo kit del Lapierre Racing Unity (credit: Robin Nevrala)

Quindi con la lingua francese te la cavi bene? E c’è una difficoltà che hai riscontrato nel nuovo team?

«Il francese lo capisco abbastanza, ma parlarlo è un’altra storia! L’ho studiato per tre anni alle medie, quindi qualche base ce l’ho. Riesco a entrare nel discorso e capire cosa viene detto, mentre parlare è più difficile. Sicuramente sarà un’occasione per migliorarlo. Nel team, però, si parla soprattutto inglese, in quanto gli atleti vengono da diverse parti del mondo. Mentre per quanto riguarda la difficoltà riscontrata, per ora è una sola: gli orari dei pasti! Dopo due anni in Spagna mi ero abituata a cenare tardi, mentre qui si mangia molto prima. Soprattutto i tedeschi Nina (Graaf) e Maximilian (Brandl) mangiano prestissimo!».

Come hai detto prima, quello con Lapierre è un progetto che ha come obiettivo finale le Olimpiadi di Los Angeles 2028. Quale sarà il primo passo da fare quest’anno?

«Quando non mi qualificai a Tokyo per pochissimi punti ci rimasi male, ma col senno di poi forse non ero ancora pronta per un’esperienza del genere. Nelle tre stagioni successive sono cresciuta molto. Per essere a Parigi quest’anno ho lavorato tantissimo e ho veramente dato tutto per qualificarmi. Penso onestamente di essermela meritata. Dopo la gara, però, il mio primo pensiero è stato: “Ok, ora c’è Los Angeles”. Dal momento in cui ho tagliato la linea del traguardo di Parigi ho in mente solo quell’obiettivo. Nei prossimi quattro anni voglio migliorarmi il più possibile per arrivare ancora più preparata e con una forma migliore alla prossima edizione. Questo lavoro è già partito nel ritiro estivo di quest’inverno e si chiuderà solamente una volta conclusa la prova di Los Angeles 2028».

L’anno scorso hai sfiorato il podio in Coppa del Mondo proprio nelle prime tappe brasiliane. Che sensazioni hai per questa stagione?

«A differenza dello scorso anno, dove serviva performare subito per guadagnarsi un posto a Parigi, quest’inverno io e il mio preparatore abbiamo deciso di cambiare la strategia. La stagione è ormai veramente lunga e l’anno scorso ho imparato che essere al massimo troppo presto può portare a un calo di energie nella fase finale. Quindi, arriverò in Brasile consapevole di non essere ancora al top della condizione, ma è tutto nei piani. Voglio raggiungere il primo picco di forma tra giugno e luglio e un secondo ai Mondiali. Il mio obiettivo è avere una stagione più costante e con risultati più regolari della passata».

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Il roster al completo del team Lapierre Racing Unity 2025 (credit: Robin Nevrala)

Hai lavorato su qualche aspetto specifico quest’inverno?

«Sì. In questi ultimi mesi mi sono focalizzata soprattutto sulla resistenza negli short track. Partire bene è da sempre un mio punto di forza, ma spesso mi rende vulnerabile nel finale. Spesso rimanevo davanti fino a un giro e mezzo dalla fine, ma poi calavo di colpo. Quindi ho lavorato molto sulla qualità degli allenamenti. Non tanto in termini di ore in bici, quanto sulla lunghezza e intensità delle uscite. Ho già fatto dei test a gennaio e i risultati sono incoraggianti. L’anno scorso sono arrivata spesso vicina alle posizioni che contano nelle gara XCC, chiudendo in diverse occasioni tra l’ottavo e l’undicesimo posto. Se riuscissi a correre con più intelligenza, evitando errori e stando meno faccia al vento di quanto faccio di solito, potrei ottenere risultati migliori».

Che tipo di lavoro hai fatto?

«Ho svolto molte simulazioni di gara con altri atleti per migliorare la gestione della corsa. Ho lavorato in maniera specifica nel rimanere in gruppo, imparare a prendere spallate e gestire i cambi di traiettoria degli avversari. Quello è da sempre il mio punto debole e il motivo per cui io preferisco stare davanti. Prendere le prime curve in testa, d’altronde, aiuta sicuramente a evitare cadute e i vari gli intoppi che accadono nel primo giro. Però, ti costringe anche a prendere tanto vento e a pagarlo dopo. Vedremo in gara se questi allenamenti hanno dato i loro frutti!».