Celestino apre le porte della nazionale marathon a Rosa: «Se Diego continua così lo convocherò»

In foto Mirko Celestino, 49 anni, commissario tecnico della nazionale italiana di mountain bike.
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Sempre più spesso capita di ritrovare ex stradisti ai nastri di partenza di competizioni cross country e marathon. Mirko Celestino, attuale cittì della nazionale italiana, ci ha detto la sua riguardo la Cape Epic di Nibali ed il ritorno nell’offroad di Diego Rosa.

«E’ un bel momento per tutto il mondo del fuoristrada italiano. Senza dubbio le partecipazioni di campioni come Nibali e Rosa fanno bene al movimento, dando maggiore visibilità ad eventi, team e sponsor. Non è una novità che stradisti di successo approccino questo tipo di gare: quasi quindici anni fa io e Francesco Casagrande, dopo anni di professionismo su strada, passammo alla mountain bike ottenendo peraltro ottimi risultati».

Cosa ti attraeva della mountain bike?

«Fu la via di fuga dalla monotonia della strada. Dopo anni di professionismo ad alti livelli cercavo nuovi stimoli ed un progetto in cui potessi essere centrale. Da pro’, a differenza delle categorie giovanili, raramente ho avuto la possibilità di essere capitano unico ed alla lunga questa condivisione di ruoli aveva iniziato a pesare. Nella mountain bike, settore allora meno in voga di oggi, ritrovai l’entusiasmo e la spensieratezza che negli ultimi anni di carriera su strada avevo perso».

Come fu il passaggio?

«I primi due anni non furono semplici, dovetti reinventarmi. La mountain bike richiede capacità tecniche non necessarie per la strada, che si costruiscono da giovani. Io ci ho lavorato per anni, riuscendo però a colmare solo le lacune più grandi. Anche l’impostazione di guida è molto differente e richiede l’utilizzo di una muscolatura diversa. Solo pochi corridori possono permettersi di saltare da una bici all’altra e vincere subito. Mi vengono in mente Pidcock e Van der Poel, ma anche Van Aert che vince volate di gruppo, arrivi in salita, prove a cronometro e gare di ciclocross. Tra l’altro Pidcock e Van Aert sono bravi anche nella corsa a piedi e questo dimostra la stoffa di cui sono fatti. Fuoriclasse di questo tipo possono sportivamente tutto, perfino vincere classiche del Nord e Olimpiadi di cross country a distanza di pochi mesi».

In foto Diego Rosa impegnato nell’Andalucia Bike Race di quest’anno (Foto Taddei Factory Team).

Perché scegliesti il marathon?

«Mi focalizzai sul marathon per diversi motivi, su tutti la minore tecnicità dei percorsi e l’approccio alla gara più simile alla strada. Non che il cross country non mi piacesse, ma era una disciplina troppo esplosiva per la mia età e troppo tecnica per quelle che erano le mie capacità di allora. Usai il cross country come palestra, per affinare la tecnica di guida e migliorare in partenza. Impresa che a posteriori posso dire che mi riuscì: ottenni perfino due medaglie di legno ai campionati italiani contro avversari ben più giovani ed abili».

Tornando a Nibali e Rosa, cosa consiglieresti loro?

«Non saprei, sono professionisti navigati con un ottimo bagaglio di esperienza alle spalle. Sicuramente Vincenzo dovrà affinare la tecnica, lavorando molto sulla resistenza di braccia e schiena. Portare a termine un’esperienza massacrante come la Cape Epic è già un ottimo segnale, per il futuro tutto dipenderà da quelle che sono le sue intenzioni. Per Rosa il discorso è ben diverso. Lui ha già un bel trascorso da biker ed infatti si è fatto subito trovare molto preparato in queste prime gare».

In futuro potrebbe vestire la maglia azzurra?

«Perché no? Non credo che Diego sia in cerca di altra gloria, ma piuttosto di divertimento dopo un finale su strada travagliato. Non ho ancora avuto modo di sentirlo, ma se le premesse sono queste la convocazione in azzurro non tarderà ad arrivare».