MONDIALI 2023 / Team Rifugiati, quando l’inclusività va ai Mondiali

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Entrando ufficialmente nel mese di agosto, gli appassionati di ciclismo si sono lasciati alle spalle il Tour de France per abbracciare i campionati mondiali che avranno luogo a Glasgow e in tutta la Scozia dal 3 al 13 di questo mese.

Se i campionati mondiali sono normalmente un modo per decretare il più forte ciclista sulla terra, quest’anno ci donano una nozione in più: l’inclusività. Tanti corridori gareggeranno per provare ad indossare per un anno intero la maglia iridata, di tutte le nazionalità, con diversi volti e lineamenti, con diverse culture, diverse lingue, diverse religioni, diverse storie e diverse tradizioni. E se si chiama campionato mondiale è perché tutti gli sportivi del mondo che praticano quella disciplina a livello professionistico devono avere la possibilità partecipare.

Questa appena citata è la motivazione che ha spinto l’Unione Ciclistica Internazionale e il Centro Ciclistico Mondiale a supportare una squadra di rifugiati e rifugiate. Per la maglia iridata, per l’iride. Proprio quella decantata da Eugenio Montale nel suo celebre componimento che porta questo titolo in contrapposizione alla guerra. Così come la Clizia di Montale era un arcobaleno (l’iride) che si contrapponeva al buio della guerra, allo stesso modo l’Uci sostiene una squadra di rifugiati dai conflitti in parti del mondo meno fortunate.

La squadra che sarà presente a Glasgow gareggerà su strada con tre atlete e due atleti. Sarà presente anche nella disciplina della mountain bike con un uomo. I ciclisti sono tutti residenti nei Paesi ospitanti europei, ma le loro nazioni di origine (e da cui sono scappati) sono Afghanistan, Siria e Iran.

Meritano certamente una presentazione più adeguata. In strada correranno: Masomah Ali Zada (originaria dell’Afghanistan e residente in Francia), Zahra Ali Zada ​​(sorella di Masomah originaria dell’Afghanistan e residente in Francia), Frozan Rasooli (originaria dell’Afghanistan e residente in Francia), Amir Arslan Ansari (originario dell’Afghanistan e residente in Svezia), Ahmad Badreddin Wais (originario della Siria e residente in Svizzera). Masomah Ali Zada ​​e Ahmad Badreddin Wais hanno fatto parte anche della squadra olimpica dei rifugiati del CIO per i Giochi Olimpici di Tokyo 2020. Questi cinque gareggeranno negli eventi del Campionato del mondo Gran Fondo e del Campionato del mondo su strada.

Sui tracciati di mountain bike si cimenterà Mohammadreza Entezarioon (originario dell’Iran e residente in Germania) che si schiererà alla linea di partenza delle gare di cross-country Marathon (XCM) e cross-country Olympic (XCO).

Ovviamente gli atleti del team di rifugiati hanno dovuto seguire degli iter previsti dalla legge. Infatti, ai sensi del regolamento UCI art. 1.1.033, i corridori riconosciuti come rifugiati nel loro paese di residenza (dalle autorità statali competenti o dall’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati – UNHCR) possono scegliere tra la federazione della loro nazionalità o essere classificati come “rifugiato”. I corridori che fanno parte del Refugee Cycling Team hanno attraversato tale processo e hanno fatto la scelta di non essere più affiliati alla Federazione Nazionale del loro Paese di cittadinanza e di partecipare a competizioni ciclistiche con lo status di rifugiato.

Quindi che divisa indosseranno? Una semplice maglia bianca, fornita dal partner UCI Santini, con la scritta Refugee Cycling Team, il nome della squadra.

Il presidente dell’UCI David Lappartient parla a nome dell’intera organizzazione. «Siamo lieti di offrire questa opportunità agli atleti con lo status di rifugiato di competere ai Campionati mondiali di ciclismo UCI. Questi sei corridori beneficeranno di assistenza finanziaria e logistica per l’intero soggiorno in Scozia perchè possano competere in condizioni di parità con gli atleti che gareggiano come parte delle loro delegazioni nazionali. Il ciclismo è per sua natura uno sport che unisce le popolazioni e crediamo davvero che il Refugee Cycling Team rafforzerà questo valore ai Campionati mondiali».