Fontana su Van der Poel: «Se vuole Parigi venga a fare più mtb»

Mathieu van der Poel in allenamento all'ultimo mondiale di Glentress Forest (UCI_DMBinS)
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Ha fatto tanto rumore il Mondiale di van der Poel, forse troppo, sia per quello che è successo prima della partenza, sia per com’è andata poi la gara. A smorzare il tutto però ci ha pensato Marco Aurelio Fontana, che di Mondiali e Olimpiadi se ne intende: «Dobbiamo ricordarci che ha preparato e vinto il Mondiale su strada». Le critiche per il vincitore della Roubaix e della Sanremo sono state tante, dopo tutto il polverone mediatico creatosi prima della gara, a causa dello scandalo griglie, ci si aspettava sicuramente di più dall’olandese volante, ma sono davvero giuste tutte queste critiche? Ci si poteva davvero aspettare di più da Mathieu?

Come ti è sembrato Van der Poel in quei pochi km percorsi?

«L’ho visto come già mi era sembrato nelle prove, un pochettino rigido e fuori allenamento, come uno che ha preso poco in mano la bici nell’ultimo anno. Ha lavorato tanto per la strada e ha dato tutto per la strada, si è presentato al Mondiale di XCO ma bisogna dare atto al fatto che ha vinto il suo Mondiale una settimana prima. Non è mai stato sulla mtb quest’anno quindi ci sta, me lo sarei aspettato tra i primi 10 se non fosse caduto».

E cos’altro avevi immaginato dalle prove?

«Già vedendolo lì non mi sarei aspettato un Mathieu van der Poel che lottasse per il Mondiale, poi sai per quella caduta ci vuole anche un po’ di sfortuna. È una caduta che può starci, ma comunque se non fosse caduto non avrebbe vinto».

Inevitabilmente pesa non aver usato la mtb per più di un anno, ma quanto possono aver inciso anche il Mondiale su strada e la caduta al Mondiale?

«La caduta al Mondiale ha inciso zero, si è concentrato e ha lavorato per il Mondiale su strada, ha fatto il Tour per il Mondiale su strada ed alla fine l’ha vinto, quindi ha avuto ragione lui».

Ci si chiede se fosse pronto, ma la caduta non potrebbe essere stato solo un banale errore?

«È più facile cadere in un tratto del genere che nel resto del percorso, non è successo niente di clamoroso. L’ultima curva è sempre un po’ infame, anche a Capoliveri agli Internazionali sono caduti più nell’ultima curva che in tutto il percorso. Quelle curve sul ghiaino a 180 gradi sono un po’ bastarde, le prendi e vuoi stare attaccato a quello davanti, ci può stare un piccolo errore. È in ogni caso collegabile al fatto che già nelle prove non mi fosse sembrato un “drago”».

È finito nella ghiaia, dopo poche curva, il mondiale XCO di Mathieu van der Poel

Ha dichiarato di puntare lo stesso all’oro a Parigi nella mtb, cosa deve fare per arrivarci bene?

«Dovrebbe fare come negli anni scorsi quando ha vinto in Coppa del Mondo, dovrebbe correre qualche gara. Pidcock comunque è venuto a correre, ha vinto, ha sviluppato la bici, c’è stato nel mondo della mtb. Mathieu voleva vincere su strada e ha vinto, ha vinto anche il ciclocross… se vuole vincere le Olimpiadi deve andare un po’ in mtb».

Tra CDM e Mondiali Mathieu ha già dimostrato di andare forte in mtb ma, oggi, basterebbe essere ai livelli del bronzo mondiale per puntare al podio a Parigi?

«Beh il livello si alza sempre quindi ci sta che debba fare qualcosa in più. Basterebbe andare di più in mtb. Avesse corso sarebbe arrivato quinto, settimo, ottavo… vincere non è semplice, come in qualsiasi disciplina. Vedremo, chiaro che Tom e gli altri vanno forte».

Quanto sarebbe utile partecipare al test event a settembre?

«Non è fondamentale anche perché ai Giochi Olimpici corrono meno atleti, quindi saranno pochi e avranno tutto il tempo di provare il percorso. Il test event serve più agli organizzatori che ai biker, i corridori si portano un pochettino avanti ma quando lavori ad un solo obiettivo ci passi del tempo, impari a memoria il percorso. Non è che non conta ma non è questa la cosa fondamentale per vincere le Olimpiadi».

Che ne pensi di tutto il discorso legato alla griglia?

«La griglia è una cosa che ha fatto tanto rumore e gli atleti hanno fatto bene a tutelarsi per far capire all’UCI che non poteva fare come gli pareva. L’errore è stato farlo all’ultimo, lo avessero fatto un mese fa non ci sarebbe stato tutto questo “gossip”. Tutto sommato alla fine ha avvantaggiato solo van der Poel, Pidcock i suoi punti già li aveva».

A parte quello che è successo, serve aumentare la risonanza mediatica della mtb grazie agli stradisti?

«Sì certo, io sono un biker ma quando arrivano certi nomi si parla di più del fuoristrada. Qualcuno storce il naso, qualcuno no, ma ovviamente quando arriva uno stradista che non sa curvare allora non porta niente, quando invece arriva Tom che in bici ci sa andare allora… Che poi, tra l’altro, quando ha vinto in Coppa del Mondo dichiarò di essere nato per correre in mtb, uno che viene pagato per vincere il Tour de France, questo alla fine ti porta sicuramente tanto».

Tu come gestiresti la partecipazione degli stradisti a gare come queste?

«Ci può stare che dai un piccolo vantaggio ad uno che è importante, è più in chiave olimpica che questa cosa fa storcere il naso, anche nel cross c’è questa regola. Mi darebbe fastidio se li portassi in prima fila, se li fai partire in quarta o quinta fila gli dai un piccolo vantaggio, che però potrebbero prendersi lo stesso scavallando qualche posizione mentre sono dietro. È un gesto che fa l’UCI e dà un piccolo vantaggio. In chiave olimpica dà fastidio perché si qualificano pochi atleti, ma non la vedo come una cosa tremenda. Alla fine erano in 3 schierati: Pidcock aveva corso e fatto i punti, Sagan è stato inesistente in tutte le gare, l’unico che avrebbe potuto trarne vantaggio era van der Poel che però è caduto subito. Quindi alla fine stiamo parlando del nulla».