Curiosa, spericolata, punk: lo sconfinato mondo di Gloria Scarsi. «Il Gravity è la mia nuova casa»

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Dall’aspetto un po’ punk, di poche parole, ma concreta. Potremmo raccontare Gloria Scarsi così, in sole dieci parole. In realtà ne servono molte di più: oltrepassata la riservatezza iniziale, nella mente di Gloria si nasconde un mondo, anzi, un universo. Dopotutto, passare dalla Strada alla Pista, all’Enduro ed il Downhill in pochi anni non è da tutti. Gloria Scarsi è una fuoriclasse assoluta ed i risultati di questo 2023 lo confermano. Sempre tra le primissime nell’Enduro, quest’anno la classe 2000 ha esordito anche nel Downhill: un primo approccio da sogno, con il settimo posto al Campionato del Mondo di Glasgow ed il quinto ottenuto appena cinque giorni fa a Les Gets.

In Francia sei salita per la prima volta sul podio “allargato” della Coppa del Mondo. Che emozioni hai provato?
«Innanzitutto stupore. Nelle prove ed in qualifica avevo buoni tempi, ma non mi sarei mai aspettata un risultato simile. Il DH è per me una scoperta recente: dopo tre anni di Enduro ho voluto cimentarmi in questa nuova avventura che mi sta divertendo molto. Il riscontro è stato ottimo, sto valutando con il mio team manager di dargli maggiore importanza nella prossima stagione». 

Questo comporterebbe un abbandono dell’Enduro? 
«Sì e no. Sono discipline diverse, che richiedono una preparazione più che specifica. Il DH è simile alla Motogp: ci sono punti di staccata, di accelerazione e di percorrenza. L’Enduro è più avventuristico, non si possono fare grandi prove. Prima di scegliere una sola disciplina vorrei continuare e vincere nell’Enduro, ma al contempo sono consapevole di avere l’età giusta per emergere nel DH, che offre grandi opportunità e visibilità. Ora il focus è sulle ultime tre gare di questa stagione, che saranno una di Enduro e due di Downhill, poi prenderò la decisione definitiva». 

Al tuo fianco non hai un dirigente qualunque. Che rapporto hai con lui? 
«Semplicemente fraterno. Fabien (Barel ndr) mi sta aiutando molto nelle varie transizioni degli ultimi anni. Tre Campionati del Mondo non si vincono per caso, Fabien conosce le bici da discesa più di chiunque altro. Con lui c’è un confronto continuo, che va oltre il ciclismo. Mi aiuta molto anche nella preparazione: nonostante abiti a Nizza, a quasi due ore di macchina da me, d’inverno ci incontriamo due volte alla settimana. Facciamo il punto della situazione e programmiamo insieme gli allenamenti».

Prima di questa avventura Gravity, c’è stata una lunga parentesi nel ciclismo su strada. Come la riassumeresti?
«Sono praticamente nata sulla bici da corsa: mio nonno è un ex professionista ed anche mio padre ha corso con buoni risultati, prima di passare al Marathon. Quelli passati su strada sono stati anni belli ed intensi, ma nel 2018 ho capito di non poter far parte di quel mondo. Ho vinto tanto, su strada e su pista, prima con la maglia dell’Alassio, poi con quella del Team Valcar. Nel corso dell’ultimo anno da Juniores, però, nonostante la conquista di due ori al Campionato del Mondo e di altri quattro successi agli Europei su Pista, decisi di non voler proseguire. Avevo un accordo con il Team BePink per il 2019, ma di fatto quella stagione non è mai iniziata. La fiamma si era spenta, una volta per tutte. Mi sono presa un anno di pausa e poi, casualmente, ho scoperto l’Enduro».

Qual è il ricordo più bello che ti porti dietro di quegli anni?
«Ho vinto ed indossato maglie importanti come quella tricolore e quella iridata, ma c’è un successo che mi ha fatto emozionare più di altri. Pochi mesi prima di abbandonare, vinsi per la prima ed unica volta una gara in solitaria. Ricordo tutto degli ultimi chilometri, perfino i pensieri che mi passavano per la testa. Qualcosa di indimenticabile». 

Cosa ti ha spinto poi a provare l’Enduro?
«Una mia amica, Alia, mi convinse ad uscire in bici con lei. Fu amore a prima vista. Mai mi sarei immaginata di riprendere con le gare, invece eccomi qua. L’ambiente dell’Enduro è molto più disteso e familiare rispetto a quello del ciclismo su strada. Non mi sono più sentita dire “devi fare questo” o “devi fare quello”, come accadeva nella Nazionale di Pista ad esempio. Nel Gravity e nel Team Canyon Collective ho trovato la mia casa: anche quando sono stanca e le cose sembrano andare male, riesco a sorridere e trovare il lato positivo».

In cosa devi migliorare?
«Nella scelta delle linee, nei riflessi, ma soprattutto nella scelta del set-up. Per ora mi sto affidando completamente alle mani di Fabien e dei meccanici della mia squadra, che sono davvero espertissimi. Un buon biker, però, deve conoscere e saper mettere a punto il proprio “cavallo”».

In questo fine settimana ci sarà l’ultima prova di Coppa del Mondo di Enduro. Hai avuto modo di provare il percorso di Chatel?
«In bici ancora no. Ho camminato e visto le sette prove speciali, che non sono affatto banali. Alcune sono in BikePark, altre più enduristiche e selvagge. In questi giorni è scesa anche un po’ di pioggia. Devo ammettere, però, che è stato un bene, perché il terreno era davvero arido e polveroso. Nei prossimi giorni non dovrebbe piovere di nuovo, staremo a vedere. Sono in lotta per la terza piazza nella classifica generale: a Loudenvielle sono caduta nell’ultima speciale ed ho perso secondi e punti importanti, ma la possibilità di agguantare il podio ancora c’è. Mai dire mai». 

Programmi per l’Off-Season
«Riposarmi e ricaricare le batterie per qualche settimana, prima di ripartire con la preparazione per il 2024. Proprio in questi giorni ho prenotato una vacanza di nove giorni a Fuerte Ventura, dove andrò con alcuni amici, tra cui il mio compagno di team Loris Revelli. Quando poi tornerò a casa, andrò sicuramente ad arrampicarmi. Mi rilassa molto, così come lo sci d’inverno. Anzi, lo snowboard».

Hai un sogno nel cassetto?
«Vincere una prova di Coppa del Mondo. Anzi, la sparo ancora più in alto: voglio un’altra maglia iridata, quella del Downhill. Gli obiettivi che mi sono posta, finora, li ho sempre raggiunti. Vedremo se ci riuscirò ancora una volta: sognare non costa nulla».