Era il 2014 in Val di Sole quando nel Park di Daolasa stava per andare in scena l’ennesima sfida tra Nino Schurter e l’intramontabile Julien Absalon. In una delle Pump-Track allestite a valle, un bambino di circa 7-8 anni continuava a “Wippare” ogni dosso. La sua mamma lo riprese più volte ad andare ad una andatura tranquilla o per lo meno, a fare meno acrobazie possibili. Il bambino rispose che “Voleva imitare Nino Schurter“.
Nino Schurter: il campione amato da tutti
Palmares o no, Nino Schurter ha sempre trasmesso più che una professione, una passione: quella di andare in Mtb e divertirsi. Già da quando era campione del mondo Juniores nel 2004, nelle sue prime interviste lo diceva: “Vado in Mtb perché mi piace…”. Con l’esplosione dei social è diventato uno dei più seguiti. Gli appassionati, non solo hanno imparato a conoscere alcuni retroscena dei suoi “terribili” allenamenti in palestra, ma hanno incominciato anche ad imitarlo a suon di Hashtag #N1NO
L‘atleta simbolo del cambiamento nella Mtb
Dall’essere il campione del mondo più giovane della Mountain Bike al più anziano sono passati 12 anni. Una generazione dove non sono cambiati solo i mezzi, ma è cambiata la disciplina della Mountain Bike. Negli anni sono cambiati atleti, circuiti, ostacoli, ma non il campione. Lui, che ha iniziato a vincere con le bici da 26 pollici e continua tutt’oggi con la nuova SCOTT Spark RC World Cup, una bici biammortizzata apparentemente senza sospensione posteriore.
Un campione umile, anche durante le sconfitte
Quando arrivi all’apice è inevitabile una flessione. E’ una cosa fisiologica, matematica, chiamatela come volete, ma è un dato di fatto. Era il 2018 quando Sam Gaze rifilò una volata coi fiocchi a Nino Schurter. Un fuoco di paglia per il neozelandese: l’inizio di un periodo costellato di secondi posti per lo svizzero.
Molti dei suoi colleghi, per essere li in seconda posizione, avrebbero firmato carte false, ma non per un’atleta abituato a vincere… Iniziò l’avvento degli atleti multidisciplinari e negli anni avvenire, quello che aveva osato fare Peter Sagan a Rio2016 quasi per gioco, diventò la normalità. Non vennero atleti chiunque a ingombrare il campo delle ruote grasse: ma campioni veri e propri. Uno di loro era Mathieu Van Der Poel. Nino, arrivato a 8 titoli mondiali in casa a Lenzerheide davanti al nostro “Gerry”, aveva ormai vinto tutto quello che si potesse vincere. L’anno seguente (2020), Nino Ha dovuto cedere lo scettro della maglia arcobaleno “accontentandosi” di un Europeo, ma mancando vittorie su vittorie e collezionando una sfilza infinita di piazzamenti.
Nino Schurter è finito, anzi no…
L’anno dell’olimpiade è iniziato come era finito quello del Covid, con la fatica di emergere sul primo gradino del podio. Ad aggiungersi ai campioni multidisciplinari poi si è aggiunto un altro pezzo da novanta: Tom Pidcock. Non solo, perchè è arrivata anche l’ottima annata del suo erede svizzero Mathias Flückiger. Tutti i presupposti per essere ancora una volta in difetto e per giunta, anziano. Molti, hanno iniziato a darlo per finito, a parlare di ritiro. Insomma, a dire quello che si dice quando uno non vince più.
La vittoria che serviva a Schurter (e alla Mountain Bike…)
Quello che è successo in Val di Sole è cosa nota a tutti. La vittoria di Schurter non è servita solo a lui, ma anche al movimento della Mountain Bike sempre più preso da atleti multidisciplinari ed e-Bike. Quando a 200 metri dall’arrivo Nino ha infilato Mathias alla penultima curva, la terra di Daolasa ha tremato in ogni suo angolo.
Questo non perchè Flückiger non avesse meritato quella medaglia; anzi! Semplicemente perché ci sono atleti che più di ogni altro trasmettono la fatica, il sacrificio. Ci sono campioni che anche se non portano i colori della propria nazionale sono amati da tutti. Persone che combattono, faticano, cadono e si rialzano. Sportivi che hanno la volontà, il coraggio e la determinazione di rialzarsi. Atleti come Nino Schurter, che nella favola della Val di Sole ha commosso il mondo intero.